Capita, talvolta, che un po’ di letture e di pensieri si incrocino, convergendo su uno stesso tema.
Sto leggendo il coinvolgente “La casa senza ricordi” di Donato Carrisi e ad un certo punto mi sono imbattuto in questa frase, pronunciata da uno psicologo infantile che sta spiegando il motivo per cui ha scelto di svolgere questo lavoro:
Nessuno è disposto a credere alle storie dei bambini.
Nella sua semplicità, la frase afferma una verità incontrovertibile: i bambini sono spesso vittime predestinate ed inconsapevoli di un atteggiamento di superiorità proprio degli adulti che liquidano con superficialità alcune loro affermazioni come fantasiose o comunque indegne di ascolto.
Eppure mi capita spesso di perdermi a guardare il modo in cui i bambini interagiscono tra loro e con gli adulti, il modo in cui affrontano la realtà, fanno amicizia, interpretano quello che li circonda e penso che, se da adulti riuscissimo ad essere come loro o almeno a conservarne una parte, vivremmo in maniera più sincera i nostri rapporti con noi stessi e con l’altro da noi.
Lo so, lo ha già detto Pascoli e so anche che non è la scoperta del millennio, ma quando una verità si rivela davanti agli occhi si ha sempre la sensazione di essere stati i primi a scoprirla.
Dicevo, all’inizio, di letture che si incrociano: grazie a figlio1 sto leggendo tutto (o quasi) quel che ha scritto Gianni Rodari. Qualche sera fa è stato il turno di un racconto, La canzone del cancello, che mi ha confermato che Rodari andrebbe letto nelle scuole di ogni ordine e grado, superando l’idea secondo cui si tratta di un autore per bambini. Nel testo (no spoiler) si parla proprio della capacità dei bambini di concepire cose che per gli adulti sono inesistenti e della difficoltà che gli adulti hanno nel ricordarsi quelle stesse cose che da bambini erano così evidenti. Ci si potrebbe, a questo punto, porre la questione della percezione: quale delle due visioni è vera? Quella dell’adulto, quella del bambino o entrambe? E se fossero entrambe vere, ciò vorrebbe dire che esistono tante visioni - tutte vere - quante sono le persone? Ok, troppo complicato.
Ultima lettura (che si incrocia con le precedenti) è “Exfanzia”, la più recente raccolta di uno dei miei punti di riferimento poetici, Valerio Magrelli, al cui interno c’è un testo che si chiama “Sotto la protezione di Pollicino”:
Mi sento così impaurito e solo al mondo
che perdo gli oggetti, uno a uno.
Per farmi ritrovare da qualcuno?
O alleggerisco il carico
per non andare a fondo?
Il bambino, come Pollicino, ha fiducia nel mondo circostante ed ha sempre e comunque la speranza di salvarsi.
L’adulto perde gli oggetti, non li lascia cadere (per cui non c’è alcuna azione volontaria) e non comprende neppure il senso di ciò che gli accade.
È davvero uno scontro impari, tra un gigante e un essere minuscolo. E l’essere minuscolo non è il bambino.
Brunori SAS, Il costume da torero