Mi costa scrivere questo post, ma credo che, quando qualcuno dice una verità (anche quando è una verità che è stata in malafede semplificata e in parte alterata) sia giusto riconoscerlo. D’altra parte anche un orologio rotto segna l’ora esatta due volte al giorno.
L’uomo verde del titolo non è chiaramente Hulk: è lombardo, ma non ha la saggezza del Marco dantesco; è un foodblogger; ai tempi del suo incarico di consigliere comunale di Milano propose di istituire delle carrozze separate sulla metropolitana riservate ai milanesi.
Sì, lui.
Ecco, l’altro giorno durante un comizio ha espresso la sua opinione su una questione molto importante dicendo che secondo lui è una follia assoluta (cito testualmente) che in alcune scuole facciano l’appello per cognome per non discriminare perché a 7 anni c’è qualche bambino che si sente fluido.
Eviterò di sparare sulla croce rossa e di far notare che l’appello, da che mondo è mondo si fa per cognome… eppure una cosa quasi vera c’è.
Per le situazioni di classi in cui ci sono studentesse o studenti che hanno disforia di genere e per le quali e i quali non è stata ancora attivata la carriera alias (ovvero quella serie di provvedimenti che permettono di utilizzare sui documenti scolastici di studenti e studentesse che hanno una situazione di questo tipo un nome diverso da quello riportato sui documenti di identità e maggiormente aderente alla loro identità) il ministero dell’istruzione suggerisce di rivolgersi a tutti chiamandoli per cognome per evitare qualunque discriminazione e soprattutto l’imbarazzo di chi si chiama Giulia ma si sente Giulio (e viceversa).
Quindi in quello che dice pierbigotto c’è una base di verità (l’uso del cognome) che lui (o chi per lui) distorce malamente per poter arrivare prima e più direttamente alla sua platea senza per questo essere accusato di aver detto una cosa totalmente falsa. Questa distorsione della realtà è parecchio pericolosa perché non è la semplice balla sparata dal politico che promette pensioni e alberi rigorosamente in numero multipli di mille ma è frutto della mistificazione in malafede di un dato vero e banalizza in maniera volgare situazioni che possono causare profonda sofferenza nelle persone coinvolte il tutto per meri fini elettorali.
E chiaramente il fine oratore che ha pronunciato questo discorso gode sapendo che quel che lui ha detto non è del tutto falso e che le prese in giro di cui è vittima non fanno altro che accrescerne la popolarità.
Di fronte a bestialità così evidenti, non limitiamoci all’irrisione: è molto più utile cercare di capire cosa c’è di vero e separarlo dal falso. Solo così - forse - si riesce a smontare una propaganda basata sempre e comunque sulla discriminazione dell’altro da sé, chiunque sia.
Brunori SAS, L’uomo nero
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