Ci sono due cose in cui credo profondamente: alla capacità della letteratura di parlare a chi la legge cercando di non fermarsi alla superficie e alla bellezza di cogliere richiami tra testi di autori distanti tra loro per trovare quanto di umano c'è in essi.
Alessandro e Luigi: il primo nato a Milano nel 1785, il secondo a Cassine, in Piemonte nel 1937.
Manzoni e Tenco: uno scrittore e un poeta che raccontano cosa voglia dire andar via dalla propria casa.
Ottavo capitolo dei Promessi Sposi.
Renzo e Lucia hanno tentato in tutti i modi di sposarsi ugualmente: hanno provato a ricorrere alla legge, a far ragionare - tramite Fra Cristoforo - chi si opponeva al matrimonio, hanno tentato anche di percorrere una via meno giusta moralmente, quella del matrimonio lampo.
Ogni tentativo è andato male per cui non resta altra scelta che separarsi, prendere strade diverse per aspettare che tutto passi, confidando nel fatto che prima o poi si potrà tornare insieme.
La scena si svolge sulla riva del lago di Como, di notte. Lucia, salita sulla barca che la separerà da ogni suo affetto, poggia la testa sul braccio, piange e pensa:
Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso.
Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti.
I monti, i torrenti, le case tra cui ha vissuto per anni, che hanno fatto da sfondo agli anni della sua infanzia, si allontanano lentamente ma inesorabilmente per essere sostituiti dall'ampiezza uniforme della pianura in cui nasce la città. Manca il respiro a chi vede che agli elementi consueti si sostituiscono strade che sboccano nelle strade, a case aggiunte a case: il caos metropolitano fa nascere forte il desiderio - in chi si è allontanato volontariamente - di ritornare in paese, ricco, e acquistare quella casa, quel campo che desiderava da tempo.
La prospettiva del ritorno rende tutto più sopportabile.
Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire, e n'è sbalzato lontano, da una forza perversa!
Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que' monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l'immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore.
Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.
Tutto questo non vale per chi è stato strappato alla propria terra, alla propria casa natia: chi non desiderava altro che la tranquillità è turbato dall'andare incontro a sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, non sapendo neppure se e quando tornerà. La propria casa, la casa in cui avrebbe vissuto dopo il matrimonio, la chiesa in cui si sarebbe dovuto celebrare il rito diventano luoghi della memoria e della nostalgia, a cui tornare solo con la speranza di chi crede che Dio abbia un piano per ognuno degli uomini e che il bravo cristiano non possa far altro che accettare ciò che è stato stabilito per lui.
Siamo ora nel 1967.
bianca come il sale.
Il grano da crescere
i campi da arare.
Guardare ogni giorno
se piove o c'è il sole
per saper se domani
si vive o si muore
E un bel giorno dire basta e andare via
Ciao amore, ciao amore
Ciao amore, ciao
Ciao amore, ciao amore
Ciao amore, ciao
Gli anni sono diversi, ma la situazione è simile: è un allontanamento, questa volta volontario, dalla solita strada di campagna, dalla vita contadina che è regolata dalla natura.
Posso solo immaginare quanto profondo fosse il divario tra campagna e città in quegli anni, quanto potesse essere ammaliante l'idea di trasferirsi nei centri urbani pieni di vita, fulcro del futuro, distanti anni luce dalle consuetudini rurali.
"Sai cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia" scrive Alberto Moravia in uno dei miei romanzi preferiti, Gli indifferenti e questo sembra proprio il sentimento che anima chi decide di andar via.
A cercare un altro mondo
Dire addio al cortile
Andarsene sognando
E poi mille strade
Grigie come il fumo
In un mondo di luci
Sentirsi nessuno
Saltare cent'anni
In un giorno solo
Dai carri dei campi
Agli aerei nel cielo
E non capirci niente e aver voglia di tornare da te
Ma la fantasia si scontra con la realtà: al cortile si sostituiscono le mille strade grigie come il fumo e soprattutto nasce prepotente l'idea di aver perso la propria identità, di sentirsi nessuno. E quindi le luci della città, gli aerei nel cielo perdono anche di attrattiva.
Non saper fare niente in un mondo che sa tutto
E non avere un soldo nemmeno per tornare
La condanna ultima: dopo aver perso la propria identità ci si rende conto di essere incapaci di vivere in questo mondo nuovo e di non poter neppure tornare indietro. Un senso di impotenza che, se nelle parole di Manzoni era mitigato dalla fiducia in Dio, qui non trova una soluzione possibile.
Certo, ormai l'esperienza dell'allontanamento dalla propria città di nascita per andare altrove - per studio, per lavoro, per motivi personali - è comune e generalmente meno traumatica; penso però ai migranti, a chi non avrebbe mai desiderato andarsene, a chi aveva immaginato la vita in un luogo e poi i piani sono stati stravolti.
Ancora una volta la letteratura e l'arte in generale ci permettono di sviluppare l'empatia, a metterci nei panni dell'altro e a diventare un po' più umani.
Luigi Tenco, Ciao amore ciao
Nessun commento:
Posta un commento