07 settembre 2025

Ricominciamo

E così si sta per ricominciare.
Tra qualche giorno finirà questo tempo sospeso, vuoto solo all'apparenza, e riprenderemo con la nostra routine.
E ci lamenteremo - perché lo facciamo sempre - della sveglia che ricomincia a suonare al mattino, del traffico, dei genitori, di quanto sia frustrante la nostra professione, di quanto sia difficile seguire le regole che cambiano in corso d'opera e applicare delle norme calate dall'alto senza alcun aiuto. Vi dico cosa fare, ma non come farlo.
Inizieranno le lotte per i cellulari, le ansie per il nuovo esame, i soliti siparietti con cani che mangiano i quaderni e zii che muoiono 3 o 4 volte; dovremo affrontare crisi esistenziali, chatGPT, proteste, mugugni, apatia, domande del tipo acosaservelascuola, varie ed eventuali.
Fortunatamente, però, questa è solo una piccola parte del mio lavoro.
Perché ci sono loro.

Molti li rivedremo in classe: magari cambiati, maturati, con uno sguardo diverso. E avremmo voglia di chiedere loro quali esperienze hanno fatto sì che i loro occhi cambiassero, di sapere se hanno finalmente trovato il divertimento che la scuola-carcere e i professori-carcerieri hanno negato loro durante i mesi precedenti e se un po' hanno sentito la mancanza del tempo scandito con tanta precisione dalla campanella.  
Non lo faremo, per pudore, perché alla nostra domanda seguirebbe un silenzio imbarazzato o infastidito, perché bisogna iniziare a fare lezione altrimenti poi non avremo il tempo necessario per fare chissà cosa.
Altri non li rivedremo più: hanno cambiato scuola, sono andati via in silenzio per ragioni che possiamo solo supporre. E ci chiederemo cosa sia successo, cosa faranno, se staranno meglio con la nuova classe e i nuovi insegnanti. Sarà un pensiero che ci sfiorerà e andrà via
Poi ci saranno quelli che rivedremo ancora nei corridoi, ma non nella nostra classe: un sorriso appena accennato, una mano sollevata e via, ognuno per la propria strada. Sono gli studenti non promossi, come si dice per una sorta di pudore, così come i ciechi sono i non vedenti, con un giro di parole che suona davvero poco inclusivo perché, per non voler parlare di una mancanza, effettivamente la sottolinea.
E - alcuni di loro - non riesco a guardarli senza un sottile senso di colpa.
Ho fatto abbastanza? Cosa non ho capito? Cosa avrei potuto fare? La sensazione di aver sbagliato qualcosa è sempre dietro l'angolo e lotta con ciò che da un punto di vista professionale è giusto e giustificabile.

Mi vengono in mente le parole di Daniel Pennac nel suo saggio Diario di scuola:

Ogni studente suona il suo strumento, non c'è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l'armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un'orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all'insieme. Siccome il piacere dell'armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica.

Saper riconoscere l'importanza del triangolo e apprezzare gli sforzi fatti per suonarlo.
Ma anche.
Ricordarmi di imparare ogni giorno qualcosa.
Non dimenticarmi l'umanità, anche quando tutto sembra remare contro.
Non farmi sovrastare da tutto quello che non ha a che fare con ciò che mi ha fatto innamorare di questo lavoro.
Sarà questo il mantra di quest'anno.

Gazzelle, Settembre


Nessun commento:

Posta un commento

Ricominciamo

E così si sta per ricominciare. Tra qualche giorno finirà questo tempo sospeso, vuoto solo all'apparenza, e riprenderemo con la nostra r...