Mi stavo guardando allo specchio, l'altra mattina.
Appena sveglio, con gli occhi ancora pieni di sonno e il segno del cuscino sulla faccia mi stavo analizzando nei minimi particolari e guardavo con tenerezza i peli neri che ancora ho tra la barba, incitandoli a non mollare, quando, ad un certo punto, dalla radio accesa sento provenire queste parole: "Io sono contrario al fatto che nelle scuole si faccia educazione sessuale perché poi insegnano che è normale essere gay. Io ho due figlie e voglio diventare nonno".
Ho guardato nuovamente il mio volto nello specchio in quel momento.
Non mi viene in mente immagine più adatta dell'Urlo di Munch.
Era il commento di un ascoltatore alla notizia di qualche giorno fa: facciamo un po' di ordine.
Il ministro dell'Istruzione ha presentato a fine maggio un disegno di legge in materia di consenso informato in ambito scolastico che prevede che le scuole debbano ottenere il consenso informato preventivo dei genitori, o degli studenti se maggiorenni, prima di svolgere qualsiasi attività che tratti temi legati alla sessualità.
Il consenso deve essere dato in forma scritta, dopo che la scuola ha messo a disposizione i materiali didattici che saranno mostrati alle studentesse e agli studenti.
Il comma 4 dell’articolo 1, inoltre, stabilisce che nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria siano «escluse, in ogni caso, le attività didattiche e progettuali nonché ogni altra eventuale attività aventi a oggetto temi attinenti all’ambito della sessualità».
La notizia di cui si parlava - e che ha portato al raccapricciante commento - riguarda un emendamento approvato il 15 ottobre dalla Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera che estende questo divieto alle scuole medie.
Quindi, stando alle parole di quest'uomo, la scuola avrebbe il potere di far diventare omosessuali le persone, privandolo così del diritto - che lui ritiene di avere - di diventare nonno.
Non pensa che le figlie potrebbero anche liberamente scegliere di non voler avere figli, o che le figlie non possano averne, o che potrebbe diventare nonno anche se amassero un'altra donna.
Non pensa neppure al fatto che parlare di educazione sessuale e affettiva a scuola possa essere fondamentale per le ragazze e i ragazzi che - legittimamente - hanno imbarazzo a parlarne in famiglia o che vivono in contesti culturalmente deprivati.
Ma neanche al fatto che, dove non arriva la scuola e neppure la famiglia, i coni d'ombra sono illuminati per lo più da Internet: quanti danni può fare un'educazione sessuale impartita dai siti porno?
Pensa - quell'uomo - che educare all'affettività voglia dire far diventare omosessuali, come se amare persone del proprio sesso fosse una scelta.
E pensa che sia sbagliato insegnare che tutto è normale - o che in fondo niente lo è - perché questo significa togliere qualche certezza e qualche privilegio a lui che è dalla parte dei normali. Accogliere chi è diverso non è importante: è importante sentirsi migliori di chi riteniamo biologicamente inferiore, per ragioni di genere, di razza, di orientamento sessuale. E se ogni tanto qualcuno uccide una donna, lo fa perché non accettava la fine della relazione; se riempie di botte un gay o uno straniero, lo fa perché era stato provocato.
Pensa anche - probabilmente - che le malattie sessualmente trasmissibili siano qualcosa che capita sempre agli altri, per cui non è necessaria alcuna informazione in merito.
Ma a lui non interessa: lui vuole diventare nonno.
E come lui probabilmente tante persone.
E queste persone votano.
Daniele Silvestri, Il mio nemico
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