21 settembre 2025

Quel momento dell'anno

Finalmente è arrivato quel momento dell'anno.
A breve il rumore della pallina che batte sui racchettoni sarà solo un ricordo.
Dimenticheremo presto l'odore della crema solare e il ronzio delle zanzare, il caldo sfiancante e l'ansia da prestazione vacanziera.
Ma saranno anche sufficientemente lontani i fan di Babbo Natale e delle lucine, del siamo tutti più buoni e del cosa facciamo a Capodanno.
È alle porte il periodo perfetto.
Quello che sa di arancia, di copertina leggera sulle gambe, di pioggia.
Quando ero bambino, al momento del tramonto mi pervadeva una profonda malinconia: non era un sentimento negativo, non ho mai avuto le parole per spiegare come mi facesse sentire e non saprei farlo neppure adesso.
So solo che ho coltivato con cura quel sentimento che è diventato parte di me e che sento rinascere, con un certo piacere - o, per dirla letterariamente con una certa voluttà - ogni volta che arriva l'autunno.

Uno dei poeti più ingiustamente sottovalutati del Novecento italiano, Vincenzo Cardarelli, ha dedicato alla stagione che sta per iniziare questi versi

Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d'agosto,
nelle piogge di settembre
torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora che passa e declina,
in quest'autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.

L'autunno non arriva inatteso, ci prepara al suo arrivo con il vento di agosto e le piogge di settembre.
È gentile, l'autunno: non violento e opprimente come l'estate. Gentile come la malinconia, che non è devastante come sanno essere la tristezza o la disperazione.
L'autunno scorre piano, incede con lentezza indicibile: è come un treno che riparte dalla stazione di una città, la cui lentezza di permette di soffermare lo sguardo su ogni particolare di ciò che stiamo lasciando.

Il ciclo delle stagioni non inganna: l'uomo sa già cosa la natura gli riserva e sa che a questa lenta morte seguirà una nuova rinascita.
All'uomo, però, che pure è parte integrante della natura, non spetta lo stesso destino. Cardarelli pensa all'estate come al miglior tempo della nostra vita e all'autunno come al lungo addio.
E qualcuno, qualche secolo prima, scriveva questo

La neve è scomparsa, ritorna l’erba
sui prati, le foglie sugli alberi;
si rinnova la terra e i fiumi scorrono 
smagrandosi in mezzo alle rive;

si affaccia la Grazia a guidare nuda
le danze con le sorelle e le ninfe.
Non sperare nell’immortalità: te lo dice l’anno,
e l’ora che porta via il giorno fecondo.

Lo Zefiro mitiga il freddo, l’estate
travolge la primavera e morrà a sua volta,
quando l’autunno produce i frutti e le messi,
poi presto ritorna l’inverno inerte.

Però la luna ripara alla svelta i danni
del cielo; noi invece, quando siamo caduti
dove sono il padre Enea, Anco e Tullo,
noi siamo polvere e ombra.

E chi sa mai se gli dei vorranno aggiungere
un domani alla somma degli oggi?
Ma sfuggirà alle mani avide del tuo erede
ciò che darai a te stesso con animo amico.

Quando sarai morto, Torquato, e su te Minosse
pronuncerà una chiara sentenza, non varranno
a riportarti in vita la fede,
la nobiltà, l’eloquenza. Non libera

mai Diana il puro Ippolito
dalle tenebre infernali, né Teseo
riesce per il suo Piritoo
a spezzare le catene del Lete.


È il settimo componimento del quarto libro delle Odi di Orazio, poeta latino vissuto nel I secolo a.C.

La natura - scrive Orazio -  ha il suo ciclo di morte e rinascita, le stagioni ritornano sempre; l'uomo, invece, è destinato a diventare pulvis et umbra, polvere e ombra, una volta morto e nessuno potrà salvarlo, non le sue doti terrene (la fede, la nobiltà, l'eloquenza), non un intervento divino.

Ma allora, si potrebbe dire, come si può amare l'autunno se non è altro che l'inizio della fine?
Forse perché è un momento di maggior ripiegamento su se stessi.
Non è un momento in cui ci sentiamo in obbligo di sentirci felici o più buoni.
O perché è l'ora della malinconia e mi ricorda il mio naso schiacciato contro le finestre della casa dei miei nonni a guardare il cielo cambiare colore.
Non lo so. 
So solo che ora mi sento bene.

Carmen Consoli, Autunno dolciastro

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