09 giugno 2024

Dare e avere

Arrivando al Vittoriale degli Italiani, la sontuosa villa che si trova a Gardone Riviera, nella quale Gabriele D'Annunzio passò gli ultimi anni della propria vita, la prima scritta che colpisce il visitatore è questa: "Io ho quel che ho donato".
"Io ho quel che ho donato". Per molto tempo l'ho considerata una di quelle frasi ad effetto che tanto piacevano all'influencer pescarese, quello che ha inventato nomi come tramezzino, Rinascente, vigili del fuoco, quello fotografato nudo sulla spiaggia (e ogni volta studentesse e studenti strizzano gli occhi per cercare di capire quanto fosse fornito della virtù meno apparente / di tutte le virtù la più indecente), quello della leggenda metropolitana sulle costole mancanti.
Poi, come talvolta succede, capita che alcune parole che fino a quel momento erano puro suono, si caricano di un significato diverso e assumono un senso.

Quando penso a dare e avere mi si parano davanti due scenari agli antipodi.

Da una parte vedo davanti a me un foglio a quadretti, diviso in due colonne sulle cui sommità campeggiano queste due parole e poi numeri, numeri e ancora numeri, da una parte scritti in rosso e preceduti dal segno meno, dall'altra scritti in verde e preceduti dal segno più.
Non ho mai studiato economia e il pensiero che anche solo per un attimo, quando ero chiamato a scegliere la scuola superiore, io abbia pensato che avrei potuto iscrivermi alla ragioneria per pura questione di pigrizia dato che l'istituto si trovava praticamente sotto casa mia, mi devasta.
Non ho mai studiato economia, dicevo, ma così immagino i bilanci: far tornare i conti, non dare mai più di quanto si riceve per non andare in bancarotta.

Dall'altra parte sento la Giulietta shakespeariana che dice the more I give to thee / the more I have, che Salvatore Quasimodo traduce con "più a te ne concedo [di amore], più ne possiedo".
Un'idea di dare ed avere, quindi, sostanzialmente diversa: più io do, più possiedo: fin troppo palese che se l'amministratore di un'azienda ragionasse così, verrebbe licenziato in tronco dopo quattordici secondi netti.

Noi, però, non siamo aziende e il nostro funzionamento è diverso. O meglio, non dovremmo essere aziende e il nostro funzionamento dovrebbe essere diverso.
La mia speranza è di essere sempre altro rispetto a quelli che benpensano a cui Frankie Hi-Nrg MC oltre 25 anni fa dedicava questi versi:

Sono intorno a noi, in mezzo a noi
In molti casi siamo noi a far promesse
Senza mantenerle mai se non per calcolo
Il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile
La posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere
E non far partecipare nessun altro
Nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro
Niente scrupoli o rispetto verso i propri simili
Perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili

Quando arriva la fine della scuola, il proprio compleanno, la fine dell'anno si sente sempre la necessità di fare bilanci. Quanto ho dato? Quanto ho ricevuto? Sono in bancarotta emotiva?

Provo a ragionare in maniera diversa, lasciando spazio alla gratitudine per ciò che ho ricevuto da chi mi circonda. 

Penso a chi c'è sempre, pronto a sostenermi e a incoraggiarmi, a ridere con me e a condividere le mie innumerevoli paranoie.
Penso alle poche persone che posso considerare amiche (di conoscenti ce ne sono in abbondanza), la cui presenza si sente anche quando non ci si vede per mesi.
Penso a chi mi fa sentire la sua fiducia.
Penso a chi mi regala sorrisi e gentilezza.
Penso a chi, vedendomi con le spalle curve sotto il peso di un fardello troppo pesante, ha deposto il proprio e mi ha aiutato a togliere il troppo e 'l vano dal mio.
Penso alla mia ex studentessa  - con cui ho litigato per cinque anni - che viene a scuola per portarmi una copia della sua tesi su Calvino, nei cui ringraziamenti ha trovato un posto per me.
Penso alle persone con cui scambio messaggi chilometrici, vocali che assumono le sembianze di podcast, persone che pensavo distanti anni luce da me e che invece sono vicinissime.
Penso ai pranzi fatti a scuola, alle risate fino a star male, ai linguaggi in codice per non farsi capire, ma anche ai discorsi seri, profondi, quelli che ti scavano dentro. Questi scavi sono più leggeri se trovi accanto a te, negli abissi, qualcuno che ti tenga una luce e provi a cercare con te una strada.
Penso anche alle persone che compaiono, scompaiono e ricompaiono nella vita.
Penso alle persone che vorrei abbracciare e che abbraccio appena posso per trasformare in vicinanza fisica la vicinanza spirituale.
Penso a chi mi ritiene antipatico, egocentrico, supponente e - fortunatamente - mi tiene a distanza da sé.
Penso a chi mi ha scritto queste parole: "Per favore, prof, si dia due o anche tre pacche sulla spalla perché ha fatto un ottimo lavoro sia a livello scolastico che non. Spero sia fiero di ciò, perché io lo sono"

Penso a tutto questo e mi chiedo cosa abbia fatto per meritarmelo.
Realizzo, poi, che i comportamenti degli altri sono - non sempre, purtroppo o per fortuna - uno specchio del nostro comportamento; ribalto, quindi, il punto di vista e penso che potrei essere io per gli altri quello che gli altri sono per me.
Dare e avere diventano, quindi, non le voci di un bilancio da far tornare per evitare la chiusura dell'azienda ma le due metà di un cerchio così perfetto da far invidia anche a Giotto.

Frankie Hi-Nrg MC, Quelli che benpensano


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