"A quell'ora la casa era sempre poco scaldata, ma Elide s'era tutta spogliata, un po' rabbrividendo, e si lavava, nello stanzino da bagno. Dietro lei veniva lui, più con calma e si lavava anche lui, lentamente, si toglieva di dosso la polvere e l'unto dell'officina. Così stando tutti e due intorno allo stesso lavabo, mezzo nudi, un po' intirizziti, ogni tanto dandosi delle spinte, togliendosi di mano il sapone, il dentifricio, e continuando a dire le cose che avevano da dirsi, veniva il momento della confidenza, e alle volte, magari aiutandosi a vicenda a strofinarsi la schiena, si insinuava una carezza, e si trovavano abbracciati".
A mio parere, una delle più belle scene d'amore della letteratura italiana.
Il breve racconto di Italo Calvino "L'avventura di due sposi" (che potete leggere qui) descrive una qualunque giornata della vita di Arturo ed Elide, che si amano e vivono insieme anche se le loro vite sono implacabilmente separate dai turni di lavoro. Il loro amore, che richiama storie mitologiche sull'amore tra il sole e la luna nonostante sia perfettamente calato nella società industriale del secondo dopoguerra, sembra proprio costruirsi sull'assenza, sulla ricerca del calore del corpo che l'altro ha lasciato nel letto, sull'urgenza di avere tante cose da dirsi e poco tempo per farlo, sulla consapevolezza del tempo sottratto dagli impegni lavorativi. Nel loro non incontrarsi sembra quasi che consista non solo una ragione di disperazione ma - scrive Calvino nella presentazione del libro - l'essenza stessa del loro rapporto amoroso.
Suona, indubbiamente, strano eppure è una verità che mi risuona dentro.
Siamo ormai abituati a clamorose dimostrazioni di amore seguite da altrettanto roboanti dimostrazioni di non-amore; se non lo grido ai quattro venti, se non lo esibisco, non è amore vero. Certo, sono fortunatamente lontani i tempi di Catone il Censore di cui Plutarco racconta che aveva espulso Manilio, un membro del Senato, accusato di aver abbracciato la moglie in pieno giorno sotto gli occhi della figlia, mentre lui si vantava di abbracciare la moglie solo quando scoppiava un forte tuono.
Tra seppellire e spiattellare l'amore c'è tutta una zona intermedia, fatta di piccole attenzioni, ma anche di schermaglie, di gesti e di silenzi: il silenzio di chi sa ascoltare, quello di chi sceglie di non dire qualcosa per preservare la serenità dell'altro, quello di chi non sa cosa dire ma sa anche che non è sempre necessario riempire il vuoto con le parole.
"Se lo nomini, lo rompi" è l'indovinello che si impara da bambini e che ha come riposta "il silenzio". La stessa cosa sembra valere per l'amore che, come il silenzio, in aperta opposizione al costante rumore che ci circonda, rappresenta un porto di pace ma che, ancora come il silenzio e anche come la felicità, non esiste se non come negazione di ciò che è altro da sé.
Fabi Sivestri Gazze, L'amore non esiste
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