Ogni nuovo inizio - anche se dettato semplicemente dal calendario - ci fa quasi sentire costretti a farlo.
Non farò buoni propositi non perché io non voglia diventare una persona migliore ma perché, a lungo andare, questi diventano delle prigioni da cui sento il bisogno di scappare e ciò mi porta, poi, per fingere (davanti a chi?) di aver rispettato i propositi, che altro non sono che limiti autoimposti, a ingannare me stesso.
Poter scegliere ogni giorno cosa fare è una delle più grandi libertà che l'uomo possa concedersi.
Coltivare sincerità e dubbi, essere l'adulto che avrei voluto incontrare da bambino, portare avanti l'azione di resistenza del dirsi le cose guardandosi negli occhi e non fissando uno schermo: sono questi alcuni dei miei obiettivi di vita, che perseguo da mesi, da anni, perdendo spesso la strada, facendo talvolta pericolose inversioni ad U, andando raramente per vie battute e rassicuranti.
C'è una cosa, però, a cui vorrei imparare a dare subito il posto che merita: il tempo.
Ci sto riflettendo da quando una persona preziosa mi ha suggerito la lettura di La vita a volte capita di Lorenzo Marone.
Il romanzo affronta il tema del tempo (e della strenua volontà di recuperare il tempo perduto una volta che se ne è compreso il valore) in un modo al contempo profondo ed ironico che mi ha risuonato dentro in modo profondo.
Non è mai troppo tardi, ma neppure troppo presto, per rendersi conto di quanto ogni istante sia prezioso, ma questo pur banale concetto sembra difficile da comprendere perché ci si sente immortali, si pensa di avere davanti una quantità pressoché infinita di anni e si rimanda con superficialità il momento in cui mettersi a tavolino a fare i conti non più con quello che abbiamo davanti ma con quello che abbiamo ormai lasciato alle nostre spalle.
Il mio maestro in questo (e in tanto altro) è il filosofo Seneca, che nella prima delle Lettere a Lucilio scrive questo:
Fa' così, caro Lucilio: renditi veramente padrone di te e custodisci con ogni cura quel tempo che finora ti era portato via, o ti sfuggiva. Persuaditi che le cose stanno come io ti scrivo: alcune ore ci vengono sottratte da vane occupazioni, altre ci scappano quasi di mano; ma la perdita per noi più vergognosa è quella che avviene per nostra negligenza. Se badi bene, una gran parte della vita ci sfugge nel fare il male, la maggior parte nel non fare nulla, tutta quanta nel fare altro da quello che dovremmo.
Talvolta il tempo ci viene sottratto con la violenza, altre volte con l'inganno ma spesso siamo noi a perderlo per nostra negligenza, facendo altro rispetto a quello che dovremmo.
Capire cosa sia questo altro è il primo, fondamentale passaggio per smettere di sprecare un bene di inestimabile valore.
Puoi indicarmi qualcuno che dia un giusto valore al suo tempo e alla sua giornata, e che si renda conto com'egli muoia giorno per giorno? In questo c'inganniamo, nel vedere la morte avanti a noi, come un avvenimento futuro, mentre gran parte di essa è già alle nostre spalle. Ogni ora del nostro passato appartiene al dominio della morte. Dunque, caro Lucilio, fa' ciò che mi scrivi; fa' tesoro di tutto il tempo che hai. Sarai meno schiavo del domani, se ti sarai reso padrone dell'oggi. Mentre rinviamo i nostri impegni, la vita passa. Tutto, o Lucilio, dipende dagli altri; solo il tempo è nostro. Abbiamo avuto dalla natura il possesso di questo solo bene sommamente fuggevole, ma ce lo lasciamo togliere dal primo venuto. E l'uomo è tanto stolto che, quando acquista beni di nessun valore, e in ogni caso compensabili, accetta che gli vengano messi in conto; ma nessuno, che abbia cagionato perdita di tempo agli altri, pensa di essere debitore di qualcosa, mentre è questo l'unico bene che l'uomo non può restituire, neppure con tutta la sua buona volontà.
Dum differtur vita transcurrit, scrive Seneca, con invidiabile capacità di sintesi. Tendiamo a rimandare e nel frattempo la vita passa: sprechiamo così il tempo, unico nostro bene a cui non rinunciare e di cui non privare gli altri.
Mi domanderai forse come mi comporti io che ti do questi consigli. Te lo dirò francamente: il mio caso è quello di un uomo che spende con liberalità, ma tiene in ordine la sua amministrazione; anch'io tengo i conti esatti della spesa. Non posso dire che nulla vada perduto, ma sono in grado di dire quanto tempo perdo, perché e come lo perdo; posso cioè spiegare i motivi della mia povertà. Capita anche a me, come alla maggior parte della gente caduta in miseria senza sua colpa: tutti sono disposti a scusare, ma nessuno viene in aiuto. E che dunque? Per me non è povero del tutto colui che, per quanto poco gli resti, se lo fa bastare. Ma tu, fin d'ora, serba gelosamente tutto quello che possiedi; e avrai cominciato a buon punto, poiché - ci ammoniscono i nostri vecchi - «è troppo tardi per risparmiare il vino, quando si è giunti alla feccia». Nel fondo del vaso resta non solo la parte più scarsa, ma anche la peggiore.
Addio.
Saper ammettere di aver sprecato il tempo è fondamentale, fondamentale è anche capire quando è il momento di iniziare a non disperderlo.
Qual è il momento giusto? Non c'è una risposta, ma di sicuro non possiamo sentirci sbagliati se il momento giusto non è il primo gennaio.
Erica Mou, Nella vasca da bagno del tempo
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