29 settembre 2024

Odi et amo

Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Spiegare due versi? E cosa ci vorrà mai? 
Non stai mica operando a cuore aperto.
Non stai mica passando la tua giornata in cantiere a spostare mattoni o a lavorare la terra sotto un sole cocente o sotto una pioggia incessante.
Non stai mica prendendo decisioni da cui dipende la vita di tante persone.
Eppure ogni volta che devo spiegare questo breve testo di Catullo (così come mi capita quando devo spiegare Dante o Leopardi o Montale) mi sento addosso responsabilità e fatica perché vorrei riuscire a far capire a chi in quel momento mi è davanti - e magari sta pensando alla sua vita al di fuori, alla maglietta che indosso, alla persona che spera di incontrare nei corridoi - quanto è importante quella poesia, quanto è profondo quel concetto, quanto ci possono aiutare quelle parole quando magari di parole non ne abbiamo per definire come ci sentiamo.

Già le prime due parole ci aprono un mondo. 
Odio e amo? In realtà no: anche se l'antitesi è apparentemente efficace, non è proprio questo ciò che voleva dire Catullo: amare in latino allude all'attrazione fisica per un'altra persona più che al sentimento (che si esprime con bene velle, cioè voler bene). Odio questa donna ma allo stesso tempo ne sono attratto fisicamente, non posso liberarmi dal pensiero di lei. 
Si potrebbe anche notare che manca completamente qualsiasi riferimento all'oggetto di questi sentimenti: tutto si concentra sul soggetto, le condizioni circostanti contano poco. Il poeta, dunque, parla di sé ma parla a donne e uomini di ogni tempo, lacerati da questa guerra interiore.

C'è qualcun altro in questa poesia: un interlocutore - non sappiamo chi sia - che cerca di ricondurre tutto alla razionalità: forse tu mi chiedi perché io faccia questo. C'è una ragione - chiede a Catullo - per questo stato di lacerazione emotiva in cui ti trovi per cui il corpo dice una cosa e il cuore ti porta altrove?

La risposta di Catullo è quella che darebbe chiunque: Nescio, ovvero Non lo so: l'unica cosa che lui sa è che questa cosa sta accadendo: è qualcosa su cui non si ha alcun potere. Leggiamo proprio l'impotenza di chi si trova in questa situazione: non è qualcosa che io faccio, qualcosa su cui io ho potere decisionale. È una cosa che avviene, che io subisco e significativamente fieri è la forma passiva del verbo fare in latino e significa sia accadere sia essere fatto. Ciò che accade è qualcosa che ci piomba addosso, qualcosa che non abbiamo voluto, è una situazione in cui ci siamo trovati e non sappiamo neppure noi come sia stato possibile.

Mi accorgo che sta accadendo - dice il poeta - ed excrucior.
La sensazione che emerge prepotente da questa parola non è tanto (e solo) quella di una sofferenza emotiva: anzi, la sofferenza è proprio fisica. Excrucior vuol dire sono crocifisso: innanzitutto dobbiamo liberare la nostra mente da ogni implicazione religiosa per il semplice motivo che Catullo vive prima dell'età cristiana; in secondo luogo va ricordato che, nel mondo romano, la crocifissione era una punizione piuttosto consueta e riservata agli schiavi.
Che cosa c'è, allora, in quel verbo? 
C'è l'idea della schiavitù d'amore (la mia pena è quella inflitta agli schiavi proprio perché avverto su di me il giogo della passione); c'è l'idea di una sofferenza fisica e allo stesso tempo di impotenza (le mani e i piedi inchiodati alla croce, oltre a far male, inibiscono qualunque possibilità di azione); c'è l'umiliazione di soffrire davanti a tutti (le crocifissioni avvenivano in pubblico; allo stesso modo Catullo non può nascondere lo stato di prostrazione psicologica al suo interlocutore che gli chiede come mai faccia questo).
C'è un modo per tradurre tutti questi significati in una parola sola? Probabilmente no.

In realtà in questo post avrei voluto parlare di due poesie di due miei autori-faro, ovvero Dino Buzzati e Franco Arminio, rispettivamente sull'odio e sull'amore, ma poi si è risvegliato il classicista che è in me e quindi niente: sarà per un'altra volta.


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