21 luglio 2024

Una zattera col tetto

Adolescente e adulto sono due facce della stessa medaglia. Hanno addirittura la medesima radice. Però adulto è un participio passato. Mentre adolescente è un participio presente. […] L’adulto parla con l’esperienza. L’adolescente parla con la sofferenza. La sofferenza è il loro qui, l’adesso, il presente. È l’unico tempo che sperimenta e che è in grado di capire.
Ho da poco chiuso “La neve in fondo al mare” di Matteo Bussola e un senso di inadeguatezza mi assale. Le storie di Tommaso, Eva, Giacomo, Marika e Nicholas e quelle dei loro genitori si intrecciano all’interno di un reparto di neuropsichiatria infantile: c’è chi soffre di anoressia, chi di bulimia, chi è autolesionista, chi di depressione, chi di sbalzi di umore. Accanto a queste ragazze e a questi ragazzi, ci sono i loro genitori che, improvvisamente, si sono trovati a non conoscere più i propri figli che sono cresciuti sperimentando le difficoltà dell’adolescenza, rese ancora più aspre dalla pandemia, durante la quale le persone della loro età sono state quelle di cui - a quattro anni di distanza si può dire con animo sereno e senza timore di essere smentiti - nessuno si è seriamente preoccupato.

Bussola scandaglia in profondità l’animo di un genitore, raccontando la storia dal punto di vista di Caetano, padre di Tommaso, e denuncia l’incapacità che i genitori hanno di comprendere realmente i cambiamenti dei propri figli e delle proprie figlie. Non è, però, questo romanzo, un’accusa tout court ai genitori di oggi né un manuale in cui trovare risposte ma aiuta sicuramente a porsi delle domande. Cosa faccio io da adulto per capire gli adolescenti? Come posso cercare di capirli? Come posso ottenere risposte da loro?

Si ironizza spesso sul dialogo standard che avviene tra genitori e figli al momento in cui ci si incontra al termine della giornata (“Com’è andata a scuola?” “Bene”. “Cosa hai fatto oggi?” “Niente). L’aspetto tragico della questione è che qualcuno (o forse più di qualcuno) pensa, in questo modo, di aver assolto al proprio compito genitoriale e che la colpa del mancato dialogo è degli adolescenti che, si sa, sono fatti così e non parlano volentieri delle proprie cose.

Se si provasse semplicemente a chiedere Come stai?, se ci si mostrasse realmente interessati ad entrare in contatto con loro, se non ci si accontentasse del sorriso di facciata che spesso indossano per necessità, forse - e dico forse - le cose potrebbero cambiare.

Esempio banale: si è parlato per giorni dei concerti che Taylor Swift, idolo della GenZ, ha recentemente tenuto in Italia. Il commento più frequente sui social, soprattutto su Facebook, la patria dei nostalgici (in ogni senso) e dei malati di aimieitempismo? “Ma chi è questa Taylor Swift? Ma vuoi mettere la musica dei decenni scorsi? Quella sì che è musica, non questa”: dichiarazione di ignoranza (nel senso letterale di ignorare qualcosa) seguita da commento negativo, espresso sulla base di nulla.

Entrare in contatto con gli adolescenti è, quindi, conoscere la loro musica, i loro punti di riferimento, cercare di capire - senza giudicare - il loro sistema di valori, confrontandolo con il proprio alla ricerca di una mediazione difficile ma non impossibile.

Dal punto di vista genitoriale, entrare in contatto con gli adolescenti significa guardarli per come sono in quel momento, non rimpiangendo i bambini che sono stati, non costruendo su misura per loro un futuro che magari è alimentato dalle frustrazioni di chi li ha messi al mondo.

Entrare in contatto con gli adolescenti è ascoltarli e non limitarsi a liquidare il loro malessere dicendo che passerà con il tempo perché sapere che il disagio, il dolore, il sentirsi sbagliati in futuro non ci sarà più non è di alcun aiuto per loro perché è in quel momento che stanno soffrendo e quel momento è per loro assoluto. Se andassimo da un medico e ci sentissimo solo dire che il male da cui siamo afflitti passerà, come ci sentiremmo? Se fossimo trattati con sufficienza da qualcuno che parla solo per esperienza - magari indiretta - siamo sicuri che questo ci farebbe stare meglio?

E allora, oltre ad ascoltarli, si può parlare e dire loro che quelle stesse cose le abbiamo passate noi, raccontare loro come ci siamo sentiti, mostrare loro le ferite che quelle situazioni hanno lasciato, spiegare se, come e quando ci siamo rialzati.

Fare ciò è lungo e per nulla agevole anche perché spesso il modello educativo che abbiamo vissuto sulla nostra pelle è stato profondamente diverso, fatto di imposizioni senza spiegazioni, di ruoli rigidi, di affetto centellinato, tutte cose che implicano un risparmio di tempo e di energie.

Perché, allora, si dovrebbe scegliere una strada più impervia e faticosa? Perché abbiamo bisogno di curare il bambino che non ha avuto queste attenzioni quando le avrebbe volute e, per curarlo, l’unico modo che abbiamo è comportarci così a nostra volta quando abbiamo l’occasione per farlo.

Questo non significa essere o sentirsi migliori, ma provare una strada diversa quando ci si rende conto che la strada precedente non può più essere battuta, dando il giusto peso ai borbottii dei vecchi arcigni (o come diceva Catullo i rumores senum severiorum) che pensano che gli adulti di ora siano privi di spina dorsale e stiano tirando su una generazione di bamboccioni, perché ai miei tempi si educava meglio.

Accettare di essere fragili, accettare di non avere, talvolta - anzi, spesso - soluzioni pratiche da fornire.
Smettere di pensarsi come degli ottimi marinai solo perché anni prima si è attraversato lo stesso mare, in condizioni diversi e con mezzi diversi:

Impareremo - dice Caetano nella pagine finali del libro - a dar vita alle nostre giornate con materiali improvvisati, rinunciando a ogni calcolo. Magari costruiremo un tetto pieno di buchi, oppure una zattera fatta di foglie, un ponte traballante che unisce due rive, oppure una scala storta che non porta da nessuna parte, ma su cui sarà bello sedersi ad ammirare il panorama. Alla fine, non m’interessa cosa sarà. Mi importa solo di farlo con te.

Taylor Swift, Cruel summer (da qualche parte bisogna pur iniziare per conoscerla)

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