28 luglio 2024

Temptation Angela

Sono in spiaggia, seduto composto nel cono d’ombra proiettato dal mio ombrellone, il vento fa sbattere la mia camiciola di lino come le vele; sto sfogliando l’Ulisse di Joyce in lingua originale quando, all’improvviso, sento un'adolescente, malamente coperta da un piccolo e sgargiante pezzo di stoffa che, stando ai parametri moderni, può essere considerato un costume, vociare smodatamente contro la sua genitrice in un idioma influenzato in maniera pesante dalla parlata locale  dicendo che aveva necessità di silenzio attorno a sé per poter seguire con attenzione sul suo telefono cellulare l’ultima puntata trasmessa di “Temptation Island”.
Non vi dico il mio sconcerto: dalla sorpresa mi è cascato il monocolo nella rinfrescante cedrata Tassoni che stavo sorseggiando e non sono riuscito più a proseguire nella lettura.

Questo sarebbe uno scenario credibile se davvero tutti quelli che si sono scandalizzati sui social per il fatto che gli ascolti di “Temptation Island” sono stati di molto superiori a quelli di “Noos” di Alberto Angela guardassero solamente programmi culturali.

Antefatto: qualche giorno fa, in una calda serata di luglio, il pubblico televisivo - che ormai è ridotto all'osso e in estate lo è ancora di più - ha preferito assistere a storie di corna tra tamarri tatuati rispetto alla divulgazione culturale e scientifica di Alberto Angela. La Rai, di conseguenza, ha deciso di non sacrificare ulteriormente il programma di Angela, rimandando la messa in onda alla fine di agosto, quando i protagonisti di "Temptation Island" saranno tornati a fare gli influencer e a mostrare la mercanzia su tik tok.
La scelta è stata assolutamente comprensibile da un punto di vista commerciale: se smettiamo di credere alla favola secondo cui il canone serve a pagare le produzioni televisive della tv di Stato, ci rendiamo conto che la Rai vive di pubblicità, né più e né meno della tv commerciale, e quindi, se hai bisogno di introiti pubblicitari, non puoi sacrificare una delle poche produzioni estive sull'altare del difendiamo la cultura.
Nonostante questo, sui social - evidentemente fucina di intellettuali ed esclusivi fruitori di programmi culturali - c'è stata una levata di scudi contro la scelta di rimandare la messa in onda di "Noos", e si è dato  sfogo a lamentazioni funebri in cui si ricorda di quando c'era il maestro Manzi, sono stati rammentati con nostalgia i film cinesi con sottotitoli in olandese trasmessi da Rai 3 alle due di notte, ovviamente si è tuonato contro il degrado dei tempi di cui la televisione è specchio. Ovviamente c'è stato anche chi ha accusato di questo la scuola (se non mi credete leggete qui), colpevole di tutti i misfatti, dalla estinzione dei dinosauri fino all'attentato a Trump passando dalle catastrofi naturali.

Onestamente sono allibito: a parte il fatto che esiste la possibilità di non guardare la tv o di usare quel marchingegno - forse fin troppo moderno perché sia noto a tutti - che risponde al nome di telecomando che ci permette di cercare il programma che più ci aggrada; a parte il fatto che, se si dovesse dar fede a tutto lo sconcerto da social, la rete televisiva più vista in Italia dovrebbe essere Rai5 che propone una programmazione esclusivamente culturale e che invece ha percentuali di ascolto assimilabili a quelle di ItaliaViva; a parte il fatto che con le piattaforme a pagamento, molte delle quali hanno introdotto anche la pubblicità, la scelta di programmi da guardare è ormai pressoché infinita. 
A parte tutto questo, quale gusto c'è a commentare quello che guardano gli altri? Fa sentire migliori? Fa sentire più intelligenti? Ma soprattutto, davvero c'è chi si scandalizza per un programma palesemente falso, recitato (e anche male) da persone che stanno semplicemente sfruttando un'occasione per diventare famosi? È giusto e sacrosanto condannare la narrazione dell'amore che viene fatta dagli autori del programma, ma qual è la differenza rispetto ad una qualunque soap opera? Rispetto a Beautiful, che va in onda da millemila anni e che narra di scambi di coppia, incesti, di morti che risorgono, proponendo modelli tutt'altro che etici?
Le levate di scudi a favore della missione educativa della tv, oltre ad apparirmi ormai completamente anacronistiche, mi sembrano solo dei piccoli piedistalli che si usano per ergersi al di sopra degli altri. 
La televisione deve proporre solo modelli di comportamento da imitare?
A questo punto non diamo spazio alla narrazione odierna della politica, fatta da persone che si limitano ad urlare in maniera scomposta e a parlarsi l'uno sull'altro usano slogan insulsi e mai adeguatamente argomentati; mettiamo a tacere le persone che fanno dell'offesa e del turpiloquio l'unico loro mezzo di comunicazione; smettiamo di proporre trasmissioni che regalano centinaia di migliaia di euro se solo sei fortunato; limitiamo al minimo il racconto dei particolari macabri e scandalosi delle vicende di cronaca nera.
Chi rimarrebbe a fare televisione?
Ma soprattutto, chi rimarrebbe a guardare la televisione?

Chiaramente, questo non significa che in tv vale tutto, ma è un invito a riflettere sul fatto che in essa trova spazio ciò che intercetta il gusto della maggioranza delle persone, in cui i singoli possono rispecchiarsi o meno. Esattamente come nei regimi democratici, non sempre siamo d'accordo con l'orientamento politico di chi ci governa, ma possiamo anche continuare a coltivare il nostro orticello di idee, interessi e passioni senza disturbare nessuno, sperando che nessuno ci disturbi. 

E comunque preciso che non indosso camiciole di lino in spiaggia perché mi sciolgo al solo pensiero; non indosso il monocolo perché vedrei da un solo occhio, non sono mai riuscito ad andare oltre pagina 20 dell’Ulisse di Joyce e la cedrata mi lascia piuttosto indifferente.

Eminem (feat. Rihanna), Love the way you lie 

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