Lo confesso, Vostro Onore: sono un feticista dei segni di interpunzione.
Ho le mie fissazioni: sono chirurgico nell'uso dei due punti e inserire nel testo un punto e virgola mi dà un brividino lungo la schiena. Da poco, però, ho scoperto - con mio enorme dispiacere - che la comunicazione tramite messaggio non funziona così: se metti un punto a fine messaggio significa che sei arrabbiato; se metti una virgola, sembri un po' spocchioso.
La punteggiatura, quindi, è stata caricata di un nuovo valore espressivo che non aveva originariamente: è una bomba ad orologeria da usare con cautela.
Cosa capisce il mio interlocutore se metto una virgola di troppo, magari lì dove non se l'aspetta?
Potrebbe concludersi una storia d'amore appena sbocciata per un punto alla fine di un messaggio?
Ci pensavo l'altro giorno dopo aver spettinato i pargoli di una mia classe impegnati nella scrittura del tema di italiano con un pacatissimo acuto tenorile riguardante l'importanza della punteggiatura.
Punto.
Dalla nebbia geometrica in cui solitamente mi dibatto è emerso improvvisamente un ricordo (abbiate pietà di me, matematici e scienziati tutti): il punto come ente privo di dimensioni attraverso cui passano infinite rette.
A quel punto la mia mente divergente ha iniziato a chiedersi come possa esistere qualcosa privo di dimensione e a rimanere affascinata da come esso possa essere il crocevia attraverso cui passano un numero infinito di rette che sono a loro volta infinite.
Un semplice, minuscolo punto può fare tutto questo. Ci rendiamo conto?
Dalla speculazione simil-matematica sono passato alla letteratura. Gianni Rodari e Dante e il loro concetto di punto.
Nella poesia Il dittatore, Rodari scrive:
Un punto piccoletto,
superbioso e iracondo,
"Dopo di me - gridava- verrà la fine del mondo!"
Le parole protestarono:
"Ma che grilli ha per capo?
Si crede un Punto-e-basta,
e non è che un Punto-e-a-capo".
Tutto solo a mezza pagina lo piantarono in asso,
e il mondo continuò
una riga più in basso.
"Dopo di me - gridava- verrà la fine del mondo!"
Le parole protestarono:
"Ma che grilli ha per capo?
Si crede un Punto-e-basta,
e non è che un Punto-e-a-capo".
Tutto solo a mezza pagina lo piantarono in asso,
e il mondo continuò
una riga più in basso.
Con la grazia propria delle penne più raffinate e con l'ironia leggera e pungente di chi conosce bene l'animo umano, Rodari immagina un punto dittatore in stile Luigi XV, degno di pronunciare la famosa quanto discussa frase après moi le deluge, un punto che vede il mondo girare attorno a sé e non percepisce che invece tutto può continuare anche senza di lui, spostandosi semplicemente una riga più in basso.
Quanto è importante saper mettere un punto? Nelle frasi e nella vita ha esattamente la stessa funzione: chiudere per ricominciare. Lasciarci respirare. Il punto non ti permette di tornare indietro, segna una cesura forte tra ciò che c'è prima e ciò che c'è dopo pur senza cancellare nulla.
Ma il punto, che pure non ha dimensioni, ha una varietà di significati sorprendente.
Penso a quel capolavoro che è il quinto canto dell'Inferno e alla vicenda di Francesca e Paolo, colpevoli di essersi amati di un amore illegittimo. Dante vede queste due anime che, differentemente dalle altre, viaggiano in coppia e vuole parlare con loro: a Francesca, che ha illustrato brevemente la sua origine e la fine a cui Amore ha condotto lei e il suo amato, il poeta fa una domanda ben precisa:
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?
Dante vuole sapere in che modo l'amore abbiamo trovato il modo di rivelarsi ai due amanti, dubbiosi del loro amore, più forte dei legami socialmente sanciti.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Talvolta mi perdo nei particolari e anche in un affresco potente come quello che qui viene dipinto da Dante con le parole c'è qualcosa che ha sempre attratto la mia attenzione: i due cognati stanno leggendo la storia d'amore di Ginevra e Lancillotto: lo fanno da soli e senza sospettare minimamente che di lì a poco sarebbe successo qualcosa. Quando, però, il cavaliere bacia il disiato riso - la bocca tanto desiderata che viene fermata nel momento in cui sorride, l'atto umano che fin da Omero è collegato all'amore - anche Paolo, tremando, fa lo stesso. È questo il punto che li vince: il punto, il passaggio del libro che, pur nella sua piccolezza, è talmente importante da segnare un sottilissimo confine tra salvezza e dannazione. Scegliere se varcarlo o meno è qualcosa che riguarda inevitabilmente tutte le anime che Dante incontra nel suo viaggio ultraterreno ma, più in generale, tutti gli uomini.
E tutto questo è in un punto.
Jovanotti, Punto
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