10 marzo 2024

Inseguire farfalle

Sono stati giorni, questi, in cui mi è sembrato di non avere le parole: sovrastato dalle cose da fare, dai pensieri, dalla vita quotidiana, dagli eventi ordinari e straordinari, non riesco a dare voce a ciò che ho dentro. Mi sento - e appaio - plumbeo e, pur avendo cose bellissime tra le mani, mi rendo conto di impedire loro di farmi sentire bene come dovrebbero.

Non ho le parole, dicevo, e allora le cerco nei libri che ci parlano e ci permettono di ritrovare il nostro centro. Apro a caso il libro La cura dello sguardo di Franco Arminio che - come recita il sottotitolo - è per me davvero una farmacia poetica e leggo questi "Nuovi consigli sentimentali"

Capire che a volte vogliamo soffrire, ma non vogliamo che la sofferenza venga da una parte qualsiasi, deve venire da quella persona lì e da nessun'altra.
Capire che c'è una lingua per ogni momento della giornata: la lingua del pomeriggio porta ansie che magari sono perdute nella lingua della sera.
Capire che spesso siamo cercati per disperazione: non è amore, ma degnissimo desiderio di compagnia.
Capire che quasi sempre combattiamo battaglie che abbiamo già perduto per il gusto di riperderle.
Capire che non esiste la possibilità di avere più amori contemporaneamente, ma solo l'ambizione che questa cosa possa accadere: a volte gli altri sono gelosi delle nostre ambizioni.
Capire che dobbiamo trovare il modo di vivere di soli inizi. Iniziare ogni ora un amore nuovo, l'amore dell'ora precedente è scaduto.
Capire che ognuno dovrebbe avere sempre una perversione in corso.
Capire il senso delle intimità fugaci, delle intimità isolate. A volte un dito sulla bocca può bastare.
Capire che un amore fitto di parole alza difese altissime contro la malattia: nessuno si ammala davvero quando ha voglia di parlare a qualcuno o se qualcuno ha voglia di parlare con lui.
Capire che non si deve mai sparire dopo aver creato un disagio nell'altro: il silenzio è un crimine.

E grazie a questa lettura trovo anche le mie, di parole.

Imparare a guardare quello che c'è.
Essere grati agli altri e accogliere la gratitudine altrui.
Superare quello che è stato, che ormai fa parte del passato.
Smettere di farci condizionare da ciò che vorremmo, che spesso è solo la sceneggiatura di un film in cui non è neppure scritto il nostro nome.
Gioire di quello che abbiamo tra le mani: non farcelo sottrarre da nessuno; non perderlo per distrazione.
Fidarsi di ciò che è reale, di chi fa seguire atti alle parole, delle persone di cui avverti la presenza anche quando non sono fisicamente al tuo fianco; lasciar andare tutto il resto, chi contribuisce solo a renderti infelice, arrabbiato, frustrato anche se per un attimo è stato la farfalla che rincorrevi con l'incoscienza di bambino, frastornato dalla sua bellezza, dalla sua leggerezza, dal suo manto colorato.
Trovare, quando tutto è calmo, un posto sicuro, in cui metterti al riparo dalla tempesta quando il vento inizierà ad infuriare e cercherà - riuscendoci talvolta - a trascinarti con sé; essere consapevoli che la tranquillità interiore è solo uno stato transitorio, che non è data una volta per tutte ma che va conservata e protetta.

Forse non si raggiunge la felicità ma la consapevolezza, che con la felicità non è molto compatibile. Comunque sia, sono un po' meno plumbeo, adesso.

Gabriella Ferri, Grazie alla vita

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