Giuro che lo so che dei resoconti dell’anno e delle liste di buoni propositi non interessa niente a nessuno.
E invece, puntuali come le lenticchie a Capodanno, come Orietta Berti nella prima serata di Rai1 il 31 dicembre, come lo zio alticcio che urla “Ambo!” dopo che è stato estratto un solo numero, come il Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere, come Lucio Dalla che canta L’anno che verrà arriva questo post il cui titolo contiene una citazione che non può non essere colta da chi è mio amico.
Gli altri, peste li colga.
Non avrei voluto scrivere un post di buone intenzioni ma ancora una volta hanno scelto per me i libri, i maledetti libri che diventano il centro di gravità permanente intorno a cui ruota la mia vita, che fanno da termometro e da cassa di risonanza dei miei sentimenti.
Kent Haruf, qualche anno fa, ha scritto uno dei romanzi più teneri che io abbia mai letto, ovvero Le nostre anime di notte, storia di Louis e Addie, due persone anziane che, dopo la morte dei rispettivi coniugi, decidono di passare le loro notti insieme a raccontarsi la propria vita.
Nel piccolo villaggio di Holt, che fa da sfondo alla vicenda, la cosa non è vista di buon occhio e diventa oggetto di chiacchiericcio da parte della gente.
Quando a Louis viene rivolta una battuta velenosa a riguardo, l’uomo reagisce male e ne parla, poi, con Addie
"Avrei dovuto semplicemente ignorarlo e sdrammatizzare. Ma non l'ho fatto. Non volevo si facessero delle cattive idee sul tuo conto”
“Lascia perdere, Louis. Sapevamo fin dall'inizio che la gente l'avrebbe scoperto. Ne avevamo parlato”
“Lascia perdere, Louis. Sapevamo fin dall'inizio che la gente l'avrebbe scoperto. Ne avevamo parlato”
“Sì, ma non ci stavo pensando, Non ero pronto. Non volevo che si inventassero storie su di noi. Su di te”
“Lo apprezzo, ma non possono farmi del male. Ho intenzione di godermi le nostre notti insieme. Finché dureranno”
Lui la guardò. “Perché dici così? Sembri me l'altro giorno, Non pensi che dureranno? Magari anche per un bel po'?”
“Spero di sì”, rispose lei. “Ti ho già detto che non voglio più vivere in quel modo - per gli altri, per quello che pensano, che credono. Non è così che si vive. Non per me, almeno”
“Giusto, vorrei avere il tuo buonsenso. Hai ragione, ovviamente”
“Lo apprezzo, ma non possono farmi del male. Ho intenzione di godermi le nostre notti insieme. Finché dureranno”
Lui la guardò. “Perché dici così? Sembri me l'altro giorno, Non pensi che dureranno? Magari anche per un bel po'?”
“Spero di sì”, rispose lei. “Ti ho già detto che non voglio più vivere in quel modo - per gli altri, per quello che pensano, che credono. Non è così che si vive. Non per me, almeno”
“Giusto, vorrei avere il tuo buonsenso. Hai ragione, ovviamente”
Imparare a non vivere per gli altri, per quello che pensano e che credono.
Non aver paura dell'opinione altrui ma, individuata la propria strada, percorrerla fino in fondo.
Sempre Louis e Addie, le loro riflessioni sull’amore.
“Sei di nuovo troppo severo con te stesso”, osservò Addie. “Chi riesce ad avere quello che desidera? Non mi pare che capiti a tanti, forse proprio a nessuno. È sempre un incontro alla cieca tra due persone che mettono in scena vecchie idee e sogni e impressioni sbagliate. Anche se, ripeto, questo non vale per noi due. Non in questo momento, non oggi”
“Anche per me è così. Eppure persino tu potresti stancarti di me e non volerne più sapere”
“Se dovesse succedere, possiamo smettere”, disse lei. “Questo è l'accordo tra noi, no? Anche se non ce lo siamo mai detti”
“Sì, quando ti stanchi puoi dirlo”
“Anche tu”
“Non penso che succederà”
Considerare i miei incontri con gli altri come una fortuna che mi è capitata, che non è scontata e che - quando ci si stanca - può anche interrompersi.
Saper coltivare ma anche potare.
Altro libro, altre riflessioni.
È stato Gianrico Carofiglio, autore di La versione di Fenoglio, a fornirmi altre buone intenzioni.
Alle soglie della pensione, il maresciallo Pietro Fenoglio sta facendo fisioterapia insieme a Giulio, un ragazzo che non ha ancora trovato una propria via ed ha voglia di uscire da un sentiero già troppo segnato per lui. Fenoglio racconta episodi della sua carriera e riflette sul suo modo di agire e di relazionarsi con gli altri.
Ci sono vari modi di guardare il mondo e gli altri. Il più diffuso consiste nell'assegnare delle etichette e attenersi rigorosamente a esse. Il meccanismo ha una sua micidiale semplicità. Assegniamo l'etichetta e, da quel preciso momento, la utilizziamo per osservare l'oggetto etichettato. Diventa uno strumento di selezione degli stimoli che arrivano alla nostra mente e, addirittura, ai nostri sensi. Vediamo, percepiamo ciò che corrisponde all'etichetta e scartiamo quello che la contraddice.
Continuare a non mettere etichette e, quando necessario a toglierle - con delicatezza, evitando di far del male perché certe volte nelle etichette ci stiamo anche comodi. Vale per me e per gli altri.
Ricordarmi che io sono altro rispetto ai miei ruoli e alla mia identità: il nome mi è stato imposto da altri, il cognome è un’eredità familiare. Entrambi mi identificano ma non mi qualificano.
Ancora Fenoglio, sulla capacità di cambiare punto di vista.
“Osservare lentamente non significa solo osservare in senso fisico, usando il senso della vista. Significa mettere in discussione le proprie convinzioni, non rimanere vincolati alla prima ipotesi, o magari a uno schema che in passato ha funzionato e che stavolta potrebbe non andare bene. Per abitudine tendiamo a replicare le strategie che hanno prodotto risultati, e questo in sé non è un male. Il problema sorge quando queste strategie non funzionano più e noi insistiamo a ripeterle solo perché non riusciamo ad immaginarne altre”
“Einstein diceva che la pazzia è continuare a fare la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”.“Bella. E sì, è come se uno possedesse una chiave che in passato ha aperto una porta e cercasse di usarla per tutte le altre porte chiuse che si trova davanti”
Cambiare punto di vista, avere il coraggio di lasciare il certo per l’incerto, perdere il baricentro per trovarne uno nuovo. Soprattutto avere l’onestà intellettuale di ammettere quando le proprie idee non funzionano più.
“Alcuni giorni fa. forse proprio il giorno prima che lei e io ci conoscessimo, mi ha detto una cosa che mi ha colpito moltissimo. Bruna, intendo”
“Cosa?”
“Che cammino un po' curvo. Non c'entra niente con l'incidente, ho sempre camminato in questa maniera. Quando stavo per tornare a casa mi ha rimproverato: "Devi stare in piedi ben diritto, con il mento alzato, e guardare in faccia il mondo. L'ha detto così, senza che ci fosse una ragione particolare in quel momento”
“Tu che hai risposto?”
“Niente. E lei ha continuato dicendo che stare bene diritti non è solo una questione di postura fisica. Stare in piedi in quel modo, deliberatamente, è una questione di postura morale, significa accettare la responsabilità di essere vivi. Ha a che fare con la dignità di essere donne e uomini di fronte al caos dell'universo”
Accettare la responsabilità di essere vivi, guardando in faccia il mondo.
E poi.
Tenermi stretto chi canta a squarciagola le canzoni della mia playlist
Non lasciar scappare chi non scappa anche quando dici una verità che può essere scomoda
Leggere, crearmi mondi paralleli in cui trovare un senso al mondo reale in cui mi trovo a vivere
Non fermarmi alle apparenze, non desistere al primo ostacolo.
Fare e farmi domande, anche se le risposte non mi piacciono o non arrivano.
Riuscire a convincere gli altri che in una persona possono coesistere pacificamente la passione per il pop e per il cazzeggio e la cultura classica.
Esprimere i miei sentimenti, senza aspettarmi nulla dall'altra persona, nella consapevolezza che solo la verità rende liberi e che non tutti sono in grado di maneggiare - senza manipolare - i sentimenti altrui.
Difficile, forse.
Impossibile, no.
Che belle riflessioni. Grazie di averle condivise.
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