Ieri, fermo in macchina ad un semaforo, ero immerso nei miei pensieri.
Scatta il verde e la macchina davanti a me non parte.
Sento da dietro il concerto dei clacson neanche fossimo in un corteo che accompagna gli sposi.
Complice il caldo e la voglia di tornare a casa, sto per unirmi anche io al coro quando vedo una grande P sul lunotto posteriore dell'auto.
Probabilmente si è solo spento il motore e, per colpa della maledetta ansia da prestazione che spesso ci prende anche nei momenti meno opportuni, la persona che è al volante non riesce a riaccenderlo.
Provo un moto di umana compassione per lei, un po' perché anche io - da perfetto maschio beta, ma anche gamma - alla guida mi agito come se fossi all'esame di filologia greca, un po' per merito di quella P sul lunotto posteriore.
Ammettere di essere principianti, chiedendo, quindi, di avere implicitamente pazienza perché si sta imparando potrebbe essere un atteggiamento utile da adottare in diverse occasioni della vita. In una società che ci vuole sempre perfettamente risoluti, sul pezzo e - orribile a dirsi, ma la bruttezza della parola è adeguata alla bruttezza del concetto - performanti, ammettere che non si è ancora pronti è un atto di ribellione non indifferente. E questo vale nelle relazioni, nel lavoro e in ogni ambito della vita: le situazioni in cui ci troviamo ad agire sono tali e tante che la condizione di principianti ci è connaturata, sempre che noi siamo pronti ad accettarla.
Certo, ci sarà chi ci metterà fretta, chi ci supererà con disprezzo, chi ci darà dello sfigato perché non riusciamo ad adeguarci ai ritmi della vita che ci gira intorno, ma è impagabile la sensazione di libertà che deriva dall'ammettere la propria - almeno temporanea - insufficienza e la consapevolezza di essere circondati da persone che hanno la capacità di attendere che il nostro motore parta e che la nostra guida diventi sicura.
David Bowie, Absolute beginners
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