18 giugno 2023

"Tutti gli eroi che conosco": una non-recensione (e un'apologia dell'errore)

Ho chiuso da poco l'ultima pagina di "Tutti gli eroi che conosco" e già sento la mancanza di Rakel, Zanushe, Mario, Dylan e di tutti le altre persone che abitano questo romanzo.

Ne sento la mancanza perché la loro vita di periferia che si svolge tra una stella di cemento, una scuola da cui si sentono esclusi e una lavanderia che diventa il loro centro di gravità permanente è stata, per un paio settimane, anche la mia e soprattutto mi ha costretto ad interrogarmi su una scuola (ed una società) che classifica, giudica e condanna in maniera spietata, senza ascoltare le ragioni soprattutto di coloro che hanno già una storia di discriminazione alle spalle. Mi sono chiesto se le cose stanno davvero così e cosa faccio, in prima persona e nel mio piccolo, per fare in modo che la strada sia diversa. Mi sono chiesto se la soluzione giusta sia togliere i voti - come propone qualcuno - o piuttosto riflettere profondamente sulla loro importanza, dando ad essi un valore diverso, esortativo più che punitivo, e accompagnandoli sempre ad un atteggiamento umano ed aperto al dialogo

Ne sento la mancanza anche perché tra le righe di questa storia si legge un messaggio di speranza che passa attraverso la scrittura, il riconoscimento dell'importanza degli errori, la bellezza dell'essere secondi, incarnata nella figura di Buzz Aldrin, il secondo uomo sulla luna, quello che in pochi ricordano e il cui nome deriva proprio da un errore. 

E poi c'è spazio per rapporti familiari complicati, malattia, amore, amicizia. C'è spazio per la vita, una vita vera, non edulcorata.

Siamo fatti all'ottanta per cento di errori, sono la parte più vera di noi si legge nel libro.

Purtroppo viviamo in un momento storico in cui l'errore non è ammesso: conti se arrivi primo, se sei vincente, se sei - con un aggettivo brutto quanto il concetto che esprime - performante. Esclusa, quindi, la piccola minoranza di vincitori, di primi, tutti gli altri sono - orwellianamente - non-vincenti, non-primi e poco contano le motivazioni, le sfumature (che si perdono sempre di più a fronte di una esasperata polarizzazione) e soprattutto l'importanza dell'errore e dell'arrivare secondi.

Chi sbaglia, chi arriva secondo ha una motivazione forte ad esercitare l'autocritica e a migliorarsi, non si sente arrivato, non ha l'istinto di guardare gli altri dall'alto in basso, arroccato sulle proprie certezze. Il romanzo di Michele Arena è proprio un'ode ai non allineati, agli esclusi, ai vinti come direbbe Verga che, però, a differenza delle donne e degli uomini che  popolano i suoi romanzi, trovano un riscatto.

Franco Arminio, nel suo libro La cura dello sguardo scrive questo: "Dobbiamo considerare che nell'errore c'è l'energia della riparazione. E va usata tutta. Senza l'errore non avresti avuto quell'energia. Sembra quasi che la vita per andare avanti abbia bisogno della spinta dell'errore. E se pensavi di aver fatto al meglio un certo compito ti accorgi che dopo l'errore ti è venuta un'attenzione più grande, un clamore che dilata la vista e ti fa vedere la peluria che c'è in ogni secondo, il clamore che resiste anche nei silenzi più grandi. Non devi benedire gli errori, non li devi cercare. Semplicemente quando arrivano ti devi raccogliere e metterti a fare un lavoro buono, per te stesso o per gli altri".

Valorizzare l'errore, accettare la seconditudine non in una prospettiva pietista o ottusamente egualitaria ma in un'ottica di arricchimento reciproco di chi vince e di chi perde, che può permettere di raggiungere persino la luna: un'utopia realizzabile? A leggere queste pagine si accende un barlume di speranza.

Michele Arena, Tutti gli eroi che conosco, Mondadori

Frank Sinatra, Fly me to the moon


1 commento:

  1. Bisogna trova l'equilibrio tra l'equilibrio e il non equilibrio. Anche se non sei riuscito a fare una cosa finoi n fondo NON è vero che non hai fatto nulla. "Felicità è percepire di esistere" (cit. Epicuro , copiato da Nietzsche)

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