14 maggio 2023

Gli ultimi saranno gli ultimi (se i primi continuano a giudicare)

L'altro giorno stavo preparando una lezione su Umberto Saba e la sua Città vecchia: sì, preparo ancora le lezioni nonostante il prossimo sarà il ventesimo anno di insegnamento, perché ho una pessima memoria, ma soprattutto perché negli anni cambio io, cambiano gli alunni, cambia la scuola e fare le stesse lezioni che ho fatto dieci anni fa sarebbe come indossare, nel 2023, le spalline che si portavano negli anni '80.

Preparando la lezione, dicevo, con un'idea non proprio originale, ho pensato di accostare la lettura della poesia all'ascolto di La città vecchia di De André, ancora suggestionato dal week end passato in Liguria poche settimane fa, con indispensabile tappa in Via del Campo.

Cercando in rete, ho trovato le parole che Faber ha utilizzato una volta per presentare questa canzone durante un concerto:

Certe volte ci sono dei comportamenti anomali che non si riescono a spiegare e quindi io ho sempre pensato che ci sia ben poco merito nella virtù e poca colpa nell'errore, anche perché non ho mai capito bene cosa sia la virtù e cosa sia l'errore.

Virtù ed errore, merito e colpa.

E la mentalità borghese con cui si tende a giudicare gli ultimi, quelli che abitano nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi.

Impossibile non riflettere su questo aspetto, su sé stessi e sul modo che si ha di guardare agli altri, giudicandoli secondo canoni che noi crediamo granitici e immutabili che, invece, probabilmente non sono tali.

Prima di giudicare qualcuno cammina tre lune nelle sue scarpe: diceva questo (o qualcosa di simile) un proverbio Sioux ma è così difficile farlo per cui giudichiamo incessantemente, diamo consigli e pareri non richiesti, dimenticando quello che Caparezza dice, magari male, ma in maniera molto efficace in Vengo dalla luna: "Tu sei nato qui perché qui ti ha partorito una fi*a".

Se solo pensassimo a quanto la nostra nascita e la nostra vita siano determinate da fattori casuali o al fatto che è solo fortuna se non siamo costretti a lottare con malattie o ad affidare la nostra vita ad un barcone forse impareremmo a tacere. E impareremmo che la vicinanza non si esprime con formule di convenienza, mandate a memoria e legate - magari aridamente - alla pietas cristiana, ma con il silenzio, con la commozione profonda e con la simpatia, intesa nel suo significato etimologico di soffrire insieme.

Ma, purtroppo, quando ci si trova in una situazione di privilegio, dall'altro del proprio scranno, poggiato, però, su qualcosa di estremamente fragile, non giudicare e tacere è difficile. Molto difficile.


Fabrizio de André, Città vecchia

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