13 settembre 2022

Abbracciamoci (per non sentirci soli)

Se dico David Grossman, cosa vi viene in mente? Probabilmente niente, o più probabilmente Qualcuno con cui correre, bellissimo romanzo di formazione con cui ho tormentato diverse classi di studenti.

Forse non tutti sanno che (e qui parte la rubrica dell'intramontabile Settimana enigmistica) Grossman è anche autore di letteratura per l'infanzia: tra i suoi racconti - che, onestamente, ho a lungo odiato perché letti a ripetizione a Figlio1 - ce n'è uno, che si chiama L'abbraccio e che merita una lettura e una riflessione.

"Non c'è nessuno al mondo come te", dice la mamma al suo bambino che, così, scopre di essere unico e collega questa unicità alla solitudine. Gli uomini sono unici (e quindi soli) e questa caratteristica li accomuna a tutti gli altri esseri viventi: Ben - è questo il nome del bambino - lo intuisce perché vede delle formiche che da lontano sembrano camminare tutte in fila, mentre, guardandole da vicino, si accorge che ognuna di loro cammina ad un ritmo diverso e svolge una propria attività. Qual è la soluzione a questa solitudine che appare quasi esistenziale? L'abbraccio, dice la mamma di Ben. L'abbraccio è il gesto dell'accoglienza per antonomasia, è ciò che, anche solo per un attimo, non ci fa sentire soli senza intaccare la nostra unicità.

L'immagine dell'uomo formica non è rara: ne parlavano - solo per citarne un paio - Leopardi nella Ginestra e Montale in Meriggiare pallido e assorto (composta dal poeta quando aveva appena vent'anni, momento in cui molti di noi danno ancora la caccia ai Pokémon). Gli uomini, minuscoli e indifesi rispetto alla natura che li circonda e li sovrasta, si affannano nell'illusione di poter creare qualcosa di unico e di grande senza avere contezza del fatto che la loro vita e la loro capacità di intervenire sul mondo è paragonabile - appunto - a quella di una formica. Rincuorante, no? Grossman trova una via di fuga a questa condizione nel semplice gesto dell'abbraccio che, a sua volta, ha una lunga tradizione letteraria: la gioia di Dante che abbraccia il suo amico Casella o di Virgilio che abbraccia il suo conterraneo Sordello rimandano alla celebrazione dell'amicizia come sentimento nobile, forse anche più dell'amore, che fa della gratuità il suo tratto distintivo: ti sono amico, ma non chiedo niente in cambio.

Quello che ho appena trascorso è stato un week end pieno di (pochi) amici e di (molti) abbracci sinceri e in grado di porre rimedio alla solitudine. Questo è, credo, l'aspetto più bello dell'amicizia: parlare, confidarsi, sentirsi accolti, percepire che - al di là delle differenze, dell'unicità che contraddistingue la storia e il modo di essere di ognuno - c'è l'altro che ti capisce, ti fa sentire meno solo e ti dà anche la rassicurante sensazione che tutti apparteniamo allo stesso genere, quello umano, e quindi, come Terenzio diceva più di 2300 anni fa, non possiamo non interessarci agli altri uomini.

Non ho mai pensato ad una umanità fatta solo di persone legate da vincoli di amicizia: è un sentimento troppo nobile, non adatto a tutti e spesso svuotato di significato (basti pensare agli amici di Facebook, che magari sono tutto fuorché amici). Un mondo più umano, in cui, consapevoli del nostro essere effimeri ma anche del nostro essere unici e quindi soli, sappiamo trovarci e ascoltarci è, invece, un'utopia bellissima: come dice la stessa parola utopia, però, è qualcosa che non può esistere perché non è in nessun luogo. Ma noi abbracciamoci ugualmente, per non sentirci soli.

Queen, Friends will be friends 


2 commenti:

  1. Paola Nobili13/09/22, 15:33

    Mi piacciono tanto gli abbracci e quanto mi sono mancati nel periodo Covid! Ciò che scrivi mi porta a pensare a chi, senza fratelli/sorelle, tendenzialmente allergico alla categoria “parenti”, senza figli, crea la propria famiglia d’elezione proprio grazie agli amici. L’unico antidoto alla solitudine e alla “vanità del tutto” sono loro e il conforto scambievole che si trae abbracciandosi

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  2. Quante cose dcono gli abbracci... Talmente tante che spesso non c'è bisogno di aggiungere nessuna parola... Purtroppo però in me poi subentra un antico vizio, che tengo a bada perché può mettere a disagio chi si trova nel mio abbraccio: tendo a ficcare il naso-letteralmente- nel collo del malcapitato. L'olfatto é sempre stato il mio debole...

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