Forse un mattino, andando in un'aria di vetro
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
Chiudo gli occhi: immagino una mattina invernale, una di quelle mattine in cui l'aria è così tagliente e pulita da sembrare un vetro. Ci cammino dentro, come se avesse una propria consistenza, come se potessi librarmi sospeso a mezz'aria. Come ogni miracolo, non è detto che accada, non è detto che accada a me, non è detto che mi accada in questa vita: mi volgerò indietro, guardando alle mie spalle, verso quella parte di realtà che è inevitabilmente esclusa dalla mia conoscenza.
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore da ubriaco
Il miracolo è la rivelazione della verità, la rivelazione di ciò che a me - come a tutti - è precluso, qualcosa dalla cui conoscenza siamo esclusi, come la mela proibita che Eva colse dall'albero (perché Adamo non ne aveva il coraggio). Ma questa rivelazione è sconvolgente, spaventosa: dietro di noi c'è il nulla, un burrone, il vuoto: il mio sentirmi prescelto come destinatario di un miracolo si trasforma in modo improvviso e imprevisto: mi sento spaesato, senza punti di riferimento, barcollo come un ubriaco, ho paura.
Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto
Il nero, il vuoto, la spaventosa verità non può essere sopportata a lungo: tutto, nel giro di un batter d'occhio, di gitto, torna ad occupare il proprio posto abituale: gli oggetti riprenderanno ad esistere e a sembrare veri anche se avrò capito che saranno solo finzione, irreali come immagini proiettate su uno schermo.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto
Non mi faccio più ingannare: io ormai lo so che la realtà, una volta sfuggita ai nostri sensi, non esiste. Voglio dirlo a tutti, vorrei urlarlo, ma, come negli incubi peggiori che turbano le notti, non ho voce, non riesco ad urlare, la mia bocca si apre ma non produce suono.
Rassegnato ad essere l'unico depositario di questo terribile segreto, provando pena e allo stesso tempo invidia per gli uomini che non si voltano, non si interrogano e pensano che la realtà sia quella che si vede, continuo ad andare in quest'arida, fragile aria di vetro, con una consapevolezza - ed un fardello - in più.
(Eugenio Montale, Forse un mattino andando in un'aria di vetro, 1923: qui si può ascoltare recitata dall’autore)
Franco Battiato, Il vuoto
Luca, non è il mestiere che fai per vivere, ma il mestiere che fai per passione e piacere, ed è diverso, molto diverso. E si sente
RispondiEliminaMarina
Grazie mille, Marina!
RispondiEliminaChe triste consapevolezza...e che bella spiegazione, ammetto che senza avrei compreso una minima parte della poesia.
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