26 ottobre 2025

Un eroe del nostro tempo: il coordinatore di classe

Nei corridoi della scuola li riconosci al primo sguardo.
Prede o predatori: non c'è altro atteggiamento possibile per loro.
Camminano sicuri, spesso con un modulo da firmare in mano, con la determinazione di un cacciatore che cerca di stanare un cerbiatto e con la sicurezza di chi sa di poterci riuscire.
Oppure, sono loro stessi i cerbiatti: si acquattano, fingono di parlare con qualcuno o di essere assorti nella lettura per non farsi vedere, si mimetizzano pur di scansare quel collega che incede proprio verso di loro per parlare dell'ennesima volta che Gianfilippo non si è tolto il cappuccio in classe.
Sono i coordinatori di classe, i veri eroi silenziosi del nostro tempo.
Come dei vassalli medievali, ricevono la loro investitura dal dominus della scuola e la accettano inginocchiandosi con gratitudine, pensando al momento in cui riceveranno il loro compenso da capogiro. Da capogiro nel senso che gireranno il capo dall'altra parte, non cedendo alla tentazione di batterlo contro uno spigolo per aver accettato l'incarico ed aver ricevuto in cambio due noccioline al bar.
Divinità dalle mille braccia, intrattengono rapporti con genitori, alunni, dirigente, segreteria, spesso contemporaneamente. Agenti di viaggio, consulenti informatici, esperti di supporto psicologico, non disdegnano anche di dare consulenze mediche e legali quando necessario.

La mia esperienza mi ha permesso di individuare tre tipi umani specifici, tre modi per svolgere questo incarico, due modi per morire (e uno per sopravvivere).

Il preciso: riceve l'incarico come un eroe della Marvel che scopre improvvisamente di avere un superpotere che lo rende invincibile. A novembre del primo anno di scuola, ha già deciso la meta del viaggio di istruzione dell'ultimo anno. Conosce vita, morte e miracoli di alunne e alunni, i nomi dei loro animali domestici e le loro intolleranze alimentari. Fa stalking pesante ai colleghi ricordando loro scadenze, comunicazioni, riunioni, case, libri, auto, viaggi, fogli di giornale, spesso tramite mail mandate ad orari improponibili.
Se ti chiede per conto degli alunni di spostare una verifica, ha già pronta la soluzione alternativa: calendarizza gli impegni della classe ma che la tua vita e non escludo che sia in grado di individuare anche il momento migliore per fare la spesa in base al tuo orario di servizio.
Tutto meraviglioso.
Il coordinatore perfetto.
Peccato che, per fare ciò, sia poi inesorabilmente destinato a diventare dipendente da psicofarmaci. 

Il pauroso: avrebbe voluto rifiutare l'incarico, ma aveva troppa paura per farlo. Si muove in punta di piedi nei corridoi e nelle segreterie anche in mezzo al caos più totale e quando deve chiedere qualcosa, solitamente, fa una premessa lunghissima che parte dall'epoca del Risorgimento per spiegarti il motivo per cui sta facendo quella richiesta. Legge le comunicazioni mille volte, interrogandosi anche sul senso profondo della punteggiatura per non sbagliare nella comprensione del testo. Ha un rapporto quasi morboso con la mail: teme che qualcuno possa scrivere alle due di notte per comunicare un'assenza imprevista o la volontà di far partecipare la classe ad un progetto. Lui sente di dover essere lì, pronto come una sentinella, vigile, salvo poi andare in confusione perché non si sente in grado di rispondere.
Un anno di coordinamento per lui equivale ad un anno di vita di un cane, ovvero a circa 7 anni di vita umana.

Il lassista: non si rende conto di essere stato nominato coordinatore fino a quando alla prima riunione non gli dicono che tocca a lui farlo. A questa presa di coscienza seguono maledizioni in lingue antiche e ormai date per scomparse, seguite dalla ricerca spasmodica di un sostituto o di una vittima sacrificale, individuata nella figura mitologica del segretario del consiglio di classe.
Non sa neppure quale sia la classe che coordina, ignora cosa significhino le sigle DSA, PTOF, PDP, PFP ma sa perfettamente come sfruttare il suo potere per farsi offrire il caffè dai colleghi al bar. Convoca i genitori spesso ignorandone il motivo ma, in caso di necessità, sfodera un repertorio di frasi fatte che variano dal classico è intelligente ma non si applica al più sofisticato metteremo in atto le strategie per portare a termine positivamente il nostro intervento educativo, contando sulla fattiva collaborazione tra scuola e famiglia.
Non ricorda nomi di alunni e colleghi ma se la cava con un caro/carissimo/grande: vive il suo incarico con la leggerezza di un bohémien demandando tutto alla buona volontà di chi lavora con lui.
Alla fine dell'anno, quando vede il suo pagamento, dopo essersi interrogato sull'origine di quei soldi perché è convinto di non aver avuto incarichi aggiuntivi, si lamenta ad alta voce di quanto poco riconoscimento economico sia dato ad un impiego di responsabilità come quello da lui svolto.

Alla fine diciamocelo: i coordinatori ci salvano la vita, soprattutto quando ci viene fatta qualche richiesta e noi, a cuor leggero, possiamo dire chiedi al coordinatore.
Fino a quando i coordinatori non siamo noi.

Elio e le storie tese, Largo al factotum (da Il barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini)


19 ottobre 2025

Diseducazione affettiva

Mi stavo guardando allo specchio, l'altra mattina.
Appena sveglio, con gli occhi ancora pieni di sonno e il segno del cuscino sulla faccia mi stavo analizzando nei minimi particolari e guardavo con tenerezza i peli neri che ancora ho tra la barba, incitandoli a non mollare, quando, ad un certo punto, dalla radio accesa sento provenire queste parole: "Io sono contrario al fatto che nelle scuole si faccia educazione sessuale perché poi insegnano che è normale essere gay. Io ho due figlie e voglio diventare nonno".
Ho guardato nuovamente il mio volto nello specchio in quel momento.
Non mi viene in mente immagine più adatta dell'Urlo di Munch.

Era il commento di un ascoltatore alla notizia di qualche giorno fa: facciamo un po' di ordine.
Il ministro dell'Istruzione ha presentato a fine maggio un disegno di legge in materia di consenso informato in ambito scolastico che prevede che le scuole debbano ottenere il consenso informato preventivo dei genitori, o degli studenti se maggiorenni, prima di svolgere qualsiasi attività che tratti temi legati alla sessualità. 
Il consenso deve essere dato in forma scritta, dopo che la scuola ha messo a disposizione i materiali didattici che saranno mostrati alle studentesse e agli studenti.
Il comma 4 dell’articolo 1, inoltre, stabilisce che nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria siano «escluse, in ogni caso, le attività didattiche e progettuali nonché ogni altra eventuale attività aventi a oggetto temi attinenti all’ambito della sessualità».
La notizia di cui si parlava - e che ha portato al raccapricciante commento - riguarda un emendamento approvato il 15 ottobre dalla Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera che estende questo divieto alle scuole medie.

Quindi, stando alle parole di quest'uomo, la scuola avrebbe il potere di far diventare omosessuali le persone, privandolo così del diritto  - che lui ritiene di avere - di diventare nonno.

Non pensa che le figlie potrebbero anche liberamente scegliere di non voler avere figli, o che le figlie non possano averne, o che potrebbe diventare nonno anche se amassero un'altra donna.
Non pensa neppure al fatto che parlare di educazione sessuale e affettiva a scuola possa essere fondamentale per le ragazze e i ragazzi che - legittimamente - hanno imbarazzo a parlarne in famiglia o che vivono in contesti culturalmente deprivati.
Ma neanche al fatto che, dove non arriva la scuola e neppure la famiglia, i coni d'ombra sono illuminati per lo più da Internet: quanti danni può fare un'educazione sessuale impartita dai siti porno?

Pensa - quell'uomo - che educare all'affettività voglia dire far diventare omosessuali, come se amare persone del proprio sesso fosse una scelta.
E pensa che sia sbagliato insegnare che tutto è normale - o che in fondo niente lo è - perché questo significa togliere qualche certezza e qualche privilegio a lui che è dalla parte dei normali. Accogliere chi è diverso non è importante: è importante sentirsi migliori di chi riteniamo biologicamente inferiore, per ragioni di genere, di razza, di orientamento sessuale. E se ogni tanto qualcuno uccide una donna, lo fa perché non accettava la fine della relazione; se riempie di botte un gay o uno straniero, lo fa perché era stato provocato.
Pensa anche - probabilmente - che le malattie sessualmente trasmissibili siano qualcosa che capita sempre agli altri, per cui non è necessaria alcuna informazione in merito. 

Ma a lui non interessa: lui vuole diventare nonno.
E come lui probabilmente tante persone.
E queste persone votano.

Daniele Silvestri, Il mio nemico

12 ottobre 2025

Bella l'adolescenza

Ogni tanto le mie classi sembrano un aeroporto.
C'è chi parte per stage linguistici di un settimana, chi torna dopo essere stato via per un soggiorno all'estero di sei mesi, chi è impegnato nei percorsi di PCTO, che prima si chiamava Alternanza scuola lavoro e ora si chiama Formazione scuola lavoro (perché. gattopardianamente, se vogliamo che tutto rimanga com'è bisogna che tutto cambi)...
Insomma, l'altro giorno entro in classe e mi trovo solo quattro studentesse.
Sono lì che chiacchierano: stanno palesemente facendo gossip.
Fingo indifferenza, compilo il registro elettronico con una lentezza esasperante perché voglio finire di ascoltare tutto il racconto: no, Vostro Onore, non stavo origliando. Il volume della voce era tale che lo avrebbero sentito anche quelli che erano nell'altra ala della scuola.
Alla fine mi coinvolgono nella conversazione
Prof, ci stiamo raccontando le storie del nostro primo bacio.
Cosa avrei potuto fare, Vostro Onore?

E quindi scopro delle modalità del corteggiamento attuale: il segno di interesse è il like ad una storia di Instagram o il repost di un tik tok che dovrebbe far capire all'altra persona ehi mi piaci.
Scopro che i maschi sono tutti scemi e che non fanno mai la prima mossa.
Che ora si va avanti a messaggi subliminali (e per me che non capisco neanche quelli espliciti sarebbe stato un bel problema)
Che si parla senza problemi di amori nei confronti di persone dello stesso sesso (e finalmente).
C'è chi ha scritto un bigliettino alla persona di cui era innamorata ed è ancora in attesa di una risposta. Da tre anni. Novella Penelope.
C'è chi ha dato un bacio alla persona con cui è stata shippata (no, mamma, nessuno ha subito un furto con destrezza) solo perché gli altri se lo aspettavano da lei.

Ero ammirato e divertito da questi racconti.
Divertito dalla loro spontaneità perché non credo che avrei mai spiattellato ai miei professori la mia vita, neanche fossimo stati in quattro in aula.
Ammirato dalla capacità di raccontarsi e di raccontare, che emerge molto di più in questi momenti che non quando devono scrivere temi, infarciti - spesso, non sempre - di qualunquismo e di paroloni scelti al solo scopo di stupire con effetti speciali.
Avrei potuto farle esercitare con la scrittura, con esercizi di analisi del testo.
Ma mi sarei perso un momento fondamentale di leggerezza e di costruzione di sé e del gruppo che difficilmente potrà ricapitare.
Sono uscito da quell'aula con un solo pensiero: bella l'adolescenza, ma non ci vivrei.

Des'ree, Life

05 ottobre 2025

Essere umani

"Definisci bambino"
"Il week end lungo e la rivoluzione non stanno insieme"
"Il diritto internazionale è importante ma fino a un certo punto"
E poi il termine "velisti" utilizzato per indicare i volontari della Global Sumud Flotilla; le manifestazioni pacifiche che hanno visto coinvolte milioni di persone in piazza raccontate solo per i pochi episodi di violenza nei confronti dei poliziotti e in questo modo trasformate in orde di gente violenta che ha l'unico scopo di spaccare tutto e violare l'ordine costituito.
Ed ancora Trump che già prepara il discorso per quando riceverà il premio Nobel per la pace.
Netanyahu e la sua arroganza sfacciatamente esibita
La striscia di Gaza trasformata in un resort di lusso e 5000 dollari dati ad ogni palestinese che se ne andrà

Io, che vivo di parole,  ne perdo l'uso quando penso a tutto questo.
Ma lo perdo soprattutto quando penso all'ingiustizia di cui è vittima il popolo palestinese che subisce un genocidio perpetrato sotto gli occhi di un mondo indifferente che, tra salvare le vite di uomini, donne e bambini innocenti e salvare la propria economia grazie al proprio ossequio nei confronti di Trump per paura di ritorsioni, sceglie vergognosamente la seconda strada.

Non espongo la bandiera palestinese sui social, né selfie che attestano la mia partecipazione alle manifestazioni ma comprendo bene la posizione di chi lo fa: testimoniare di esserci stati è importante, soprattutto avere la consapevolezza di essere stati quella goccia nel mare che, unita a tante altre, ha smosso qualcosa.
Capisco meno la polarizzazione nel discorso, l'idea sempre più pervasiva del con noi o contro di noi, quella secondo cui se non partecipi alle manifestazioni o non scioperi o non esponi tutto questo sui social allora vuol dire che non hai coraggio o - ancora peggio - appoggi l'idea politica opposta.
Quell'idea - semplificando al massimo - secondo cui se non mostri sei indifferente.

La scorsa estate, al castello di Ljubljana, sono rimasto immobile non so per quanto tempo davanti a quella che ho scelto come immagine per accompagnare questo post: è un'opera del designer sloveno Tomato Košir che si chiama 17.400 otrok ovvero 17400 bambini che è il numero di minorenni che fino al 6 giugno 2025 erano stati uccisi nell'area di Gaza.
È stato un pugno nello stomaco: ho percepito forte il dolore per tutto quello che sta succedendo da due anni a questa parte. E ho pensato che l'unica cosa che potevo fare nel mio piccolo era provare a capire, ad informarmi e per quanto possibile ad informare, a parlare, a smontare le sciocchezze raccontate da chi minimizza, a stigmatizzare i comportamenti di chi delegittima le proteste.
Ho provato - e sto provando - a mettermi nei panni di chi improvvisamente si trova privo di tutto, alle bambine e ai bambini che perdono i genitori o che perdono la vita. Se si ha almeno un minimo di senso dell'umanità non si può rimanere indifferenti, non ci si può girare dall'altra parte, rivolgendo gli occhi alle nostre ricchezze.
E non si può fare non perché un giorno potrebbe capitare a noi.
Non si può fare proprio perché ora sta capitando ad altri esseri umani e se anche noi siamo umani non possiamo ignorare tutto ciò. A meno che non siamo bruti.

Fabrizio de André, Canzone del maggio

Fame

Paola Masino è un nome che, probabilmente, dice poco. Diceva poco anche a me fino a un paio di anni fa quando incappai nel suo nome quasi pe...