"Definisci bambino"
"Il week end lungo e la rivoluzione non stanno insieme"
"Il diritto internazionale è importante ma fino a un certo punto"
E poi il termine "velisti" utilizzato per indicare i volontari della Global Sumud Flotilla; le manifestazioni pacifiche che hanno visto coinvolte milioni di persone in piazza raccontate solo per i pochi episodi di violenza nei confronti dei poliziotti e in questo modo trasformate in orde di gente violenta che ha l'unico scopo di spaccare tutto e violare l'ordine costituito.
Ed ancora Trump che già prepara il discorso per quando riceverà il premio Nobel per la pace.
Netanyahu e la sua arroganza sfacciatamente esibita
La striscia di Gaza trasformata in un resort di lusso e 5000 dollari dati ad ogni palestinese che se ne andrà
Io, che vivo di parole, ne perdo l'uso quando penso a tutto questo.
Ma lo perdo soprattutto quando penso all'ingiustizia di cui è vittima il popolo palestinese che subisce un genocidio perpetrato sotto gli occhi di un mondo indifferente che, tra salvare le vite di uomini, donne e bambini innocenti e salvare la propria economia grazie al proprio ossequio nei confronti di Trump per paura di ritorsioni, sceglie vergognosamente la seconda strada.
Non espongo la bandiera palestinese sui social, né selfie che attestano la mia partecipazione alle manifestazioni ma comprendo bene la posizione di chi lo fa: testimoniare di esserci stati è importante, soprattutto avere la consapevolezza di essere stati quella goccia nel mare che, unita a tante altre, ha smosso qualcosa.
Capisco meno la polarizzazione nel discorso, l'idea sempre più pervasiva del con noi o contro di noi, quella secondo cui se non partecipi alle manifestazioni o non scioperi o non esponi tutto questo sui social allora vuol dire che non hai coraggio o - ancora peggio - appoggi l'idea politica opposta.
Quell'idea - semplificando al massimo - secondo cui se non mostri sei indifferente.
La scorsa estate, al castello di Ljubljana, sono rimasto immobile non so per quanto tempo davanti a quella che ho scelto come immagine per accompagnare questo post: è un'opera del designer sloveno Tomato Košir che si chiama 17.400 otrok ovvero 17400 bambini che è il numero di minorenni che fino al 6 giugno 2025 erano stati uccisi nell'area di Gaza.
È stato un pugno nello stomaco: ho percepito forte il dolore per tutto quello che sta succedendo da due anni a questa parte. E ho pensato che l'unica cosa che potevo fare nel mio piccolo era provare a capire, ad informarmi e per quanto possibile ad informare, a parlare, a smontare le sciocchezze raccontate da chi minimizza, a stigmatizzare i comportamenti di chi delegittima le proteste.
Ho provato - e sto provando - a mettermi nei panni di chi improvvisamente si trova privo di tutto, alle bambine e ai bambini che perdono i genitori o che perdono la vita. Se si ha almeno un minimo di senso dell'umanità non si può rimanere indifferenti, non ci si può girare dall'altra parte, rivolgendo gli occhi alle nostre ricchezze.
E non si può fare non perché un giorno potrebbe capitare a noi.
Non si può fare proprio perché ora sta capitando ad altri esseri umani e se anche noi siamo umani non possiamo ignorare tutto ciò. A meno che non siamo bruti.
Fabrizio de André, Canzone del maggio