Il rumore dei freni che stridono invade le orecchie.
L'odore del ferro penetra le narici e arriva in gola.
È arrivato il momento dell'abbraccio, del "ci vediamo l'anno prossimo", del groppo alla gola.
Il treno riparte e, pian piano, riprende velocità.
Rivolgo un'ultima occhiata alla mano che saluta dal finestrino e scendo dalle scale tutte sconnesse, guardando bene a terra per evitare di pestare qualcosa o, peggio, di cadere. Non voglio certo passare l'ultima settimana di vacanza fermo a casa.
Per tanti anni, è stato questo il rituale degli ultimi giorni di vacanza, ripetuto più volte per ogni amico che andava via.
Ho passato circa venti estati della mia vita a San Menaio, paesino di mare sul Gargano, e l'inizio e la fine di agosto si ripetevano sempre uguali.
I primi giorni sapevano di felicità di rivedersi e sembravano brevissimi: il tempo non bastava mai per fare tutto ciò che si voleva. Ci scrutavamo per vedere come eravamo cambiati, in quegli undici mesi di non frequentazione, il corpo, gli atteggiamenti, la voce; si ascoltavano storie spesso inverosimili, raccontate da chi sapeva che non ci sarebbe stato modo di verificarne la veridicità
I comitati organizzativi per la notte di San Lorenzo e per il Ferragosto iniziavano subito a lavorare, infaticabili: voi cercate la legna per il falò, tu compri le birre, tu porti la chitarra.
Quello con la chitarra ero sempre io: con un altro paio di persone, sentimentalmente irrisolte come me, facevo da colonna sonora alle approfondite visite otorinolaringoiatriche delle coppie che mi erano intorno, ma, in fondo, ero felice così.
Il bagno di mezzanotte del 15 agosto segnava inevitabilmente l'inizio della fine, il momento dello scollinamento, la consapevolezza che quel mese di ferie stava andando verso la fine.
I primi amici, soprattutto delle città del nord, per me allora un sogno proibito, iniziavano a ripartire.
Diminuiva lentamente ma inesorabilmente la fila ai tanti telefoni pubblici che costellavano la pineta.
Le giornate si accorciavano, ma sembravano più lunghe perché già vuote.
Il sole forte, violento, quasi crudele lasciava spazio a nuvole sempre più cariche di pioggia.
Alla sabbia asciutta, rovente si sostituiva la sabbia resa pesante dall'umidità, quella che ti resta attaccata addosso ed è difficile da togliere.
Il suono della chitarra iniziava a rimbombare, come in una stanza vuota.
Vedo i cartelloni dei gelati pieni di X: i gelati che sono finiti difficilmente torneranno perché ormai la stagione è finita. Bisognerà accontentarsi del Piedone alla fragola che hai snobbato per tutta l'estate oppure essere disposti a percorrere tutto il lungomare finché non trovi il bar che ha ancora a disposizione quello che mi piace.
Arrivano le prime piogge, talvolta violente, ma esco lo stesso, incurante dell'ombrello rotto, portato dai miei genitori perché non si sa mai e dell'abbigliamento quanto meno discutibile (felpa in acetato con cerniera, costume, calzini di spugna e ciabatte (le scarpe erano solo per i più chic).
Non posso perdermi questi ultimi scampoli di libertà illimitata di cui godo quando sono al mare, quando le regole familiari sembrano non esistere: tra poco tutto tornerà alla normalità, mi richiuderò in casa rinunciando quasi completamente alla vita sociale ed è strano pensare che sarò la stessa persona che, in questo mese, è stato in casa solo per mangiare e dormire.
Mentre vado alla stazione, gli occhi scorrono sui muri un po' scrostati, pieni di manifesti che iniziano a scolorire e su quelle scritte non proprio da abbecedario (Nick puzza - Nick merda) che sono state le mie prime letture quando avevo quattro anni. Di anni ne ho qualcuno in più ma le scritte sono ancora a lì.
Vedo il treno che arriva in lontananza e so già come andrà: ci scriveremo qualche lettera nei primi giorni, proveremo a sentirci sfidando le ire dei nostri genitori per il costo altissimo delle chiamate interurbane.
Assorbiti dalle nostre vite, poi, ci dimenticheremo di scriverci, di sentirci, magari anche di pensarci; un altro agosto arriverà e saremo pronti a rivivere tutto, sempre uguale e sempre impercettibilmente diverso.
San Menaio, stazione di San Menaio.
Brunori Sas, Guardia '82
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