27 agosto 2023

Scomparse (ovvero un consiglio su un libro e su un podcast)

740.
Sono le pagine che compongono il romanzo che mi ha fatto compagnia negli ultimi giorni, ovvero "La verità sul caso Harry Quebert" scritto da Joël Dicker e pubblicato nel 2012.
8.
Sono gli episodi del podcast "La scomparsa" incentrati sul caso di Emanuela Orlandi e curati dai giornalisti Antonio Iovane e Massimo Lugli (si possono ascoltare qui o su Spotify o su Onepodcast o in molti altri luoghi e laghi). L'ho ascoltato correndo la mattina sul lungomare, cercando di non assumere le proporzioni di un dirigibile durante la mia vacanza pugliese.
Cosa hanno in comune le due storie?
Entrambe parlano della scomparsa di una ragazza di 15 anni in circostanze misteriose; entrambe affrontano un caso di diverse decine di anni fa; entrambe presentano al proprio interno piste diverse e divergenti, ma la differenza essenziale (e triste) è che la storia di Dicker è un romanzo ed approda ad una soluzione, la storia di Emanuela Orlandi, dopo quarant'anni, è ancora un mistero.

Il romanzo è un classico giallo, uno di quelli che si leggono senza difficoltà ma che con difficoltà si abbandonano ed ha una trama piuttosto semplice: Marcus Goldman, scrittore in cerca di ispirazione, va a trovare il suo vecchio professore Harry Quebert che, poco dopo, sarà accusato di aver ucciso una quindicenne, Nola Kellergan, il cui cadavere viene casualmente ritrovato nella sua proprietà.
Goldman, però, è convinto dell'innocenza del suo amico Quebert, autore di un best seller dal titolo Le origini del male e farà di tutto per dimostrarlo, anche a costo di scoperchiare un vaso di Pandora che coinvolgerà Aurora, la placida cittadina del New Hampshire in cui è ambientata tutta la vicenda.
Non voglio fare spoiler, ma, per riassumere il contenuto, cito un breve capoverso che si trova nelle pagine finali del libro, che parla anche di amicizia, del mondo dell'editoria, della scrittura e dell'intreccio di relazioni assurde - e talvolta tossiche - che si possono generare all'interno di piccole comunità in cui è importante conservare l'apparenza, nascondendo la verità come polvere sotto il tappeto. 
    È la storia di due genitori che rifiutano di vedere la verità a proposito della loro creatura.
    È la storia di un ricco rampollo che, negli anni della giovinezza, ha distrutto con la violenza i sogni di un ragazzo, e da allora vive perseguitato da quel gesto.
  È la storia di un uomo che sogna di diventare un grande scrittore, e che si lascia lentamente consumare dalla propria ambizione.

La storia di Emanuela Orlandi, invece, è tristemente nota a tutti: il 22 giugno del 1983 la quindicenne che vive a Città del Vaticano scompare in maniera misteriosa facendo perdere ogni traccia di sé. La sua storia sembra intrecciarsi con quella di Mehmet Ali Agca, autore dell'attentato a Papa Giovanni Paolo II del 13 maggio del 1981, con quella della banda della Magliana e con il terrorismo internazionale. Tante le tracce seguite, altrettanti i tentativi di depistaggio e i mitomani che hanno cercato di avere un momento di celebrità sulle spalle di Emanuela e della sua famiglia che, dopo quarant'anni, è ancora in attesa di una risposta.
Iovane e Lugli ricostruiscono gli eventi in maniera minuziosa ma chiarissima e mai noiosa, ricostruendo contesti, avanzando ipotesi e smontando tesi. Il merito da ascrivere ai giornalisti è quello di far venire voglia a chi ascolta di saperne di più , di approfondire e di andare avanti nell'ascolto (che però, inesorabilmente, dopo 8 episodi da circa 30 minuti ciascuno, si conclude.

L'aspetto su cui mi sono spesso soffermato a riflettere, ascoltando e leggendo, è stata la sofferenza di chi si trova coinvolto in situazioni del genere che sono in grado di cambiare in un solo attimo la vita di una famiglia  o di un intero paese e l'ingordigia di chi - mass media in primis - travalica ogni confine etico, supera ogni scrupolo morale per poter trarre il proprio tornaconto da una storia di dolore, senza curarsi del male provato se non per sfruttarlo economicamente spettacolarizzandolo.
Homo homini lupus si è sempre detto e un fondo di verità, sicuramente, c'è.
  
Eric Clapton, Tears in heaven

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