26 febbraio 2023

L'attesa

Oggi che t'aspettavo
non sei venuta.
E la tua assenza so quel che mi dice,
la tua assenza che tumultuava
nel vuoto che hai lasciato,
come una stella.

Dice che non vuoi amarmi.
Quale un estivo temporale
s'annuncia e poi s'allontana,
così ti sei negata alla mia sete.
L'amore, sul nascere,
ha di questi improvvisi pentimenti.

Silenziosamente
ci siamo intesi.
Amore, amore, come sempre,
vorrei coprirti di fiori e d'insulti.

Scriveva queste parole Vincenzo Cardarelli nel 1948: una delle poesie più belle di uno fra i poeti più misconosciuti della prima metà del Novecento.
L'attesa.
L'attesa frustrata.
L'attesa di un messaggio, di una telefonata, di un amore, di un abbraccio, di una notizia.
L'attesa di un treno, di una partenza, di un arrivo.
Aspetta l'alba l'insonne, quando finalmente potrà sentirsi come gli altri.
Aspetta il tramonto chi è malinconico, il momento in cui il proprio buio si confonde con quello che avvolge il mondo.
Aspettare e attendere: etimologicamente indicano guardare con insistenza (spectare) verso (ad) qualcosa e rivolgere l'animo (tendere) verso (ad) qualcosa.
Un movimento che, però, presuppone l'immobilità: siamo fermi, ma il nostro animo o il nostro sguardo sono altrove
Passiamo una buona parte della nostra vita ad attendere: quando siamo piccoli aspettiamo di essere grandi; quando siamo giovani studenti aspettiamo di andare a lavorare; da lavoratori attendiamo la pensione; da anziani attendiamo, più o meno serenamente, la morte.
È un tempo vuoto che, allo stesso tempo, vuoto non è: anzi, forse come ci insegna Leopardi, l'attesa del piacere è l'unico vero piacere che l'uomo possa conoscere così come l'attesa del dolore è la tortura peggiore a cui un uomo possa essere sottoposto.
È una tendenza propria dell'uomo quella a non accontentarsi di ciò che c'è, del presente, del contingente che lo porta, da una parte, ad essere perennemente insoddisfatto, dall'altra a nutrire la speranza di un tempo migliore. Probabilmente, se l'uomo fosse perennemente calato nell'istante in cui vive, se iniziasse ad in-spettare invece che ad a-spettare, ad in-tendere piuttosto che ad a-ttendere la vita sarebbe davvero insopportabile.
Ogni tanto, però, arriva ciò che aspettiamo.
L'attesa ripagata trova la sua massima espressione in un altro poeta del primo Novecento, Camillo Sbarbaro, con questa poesia che sembra quasi rispondere a distanza a Cardarelli.

Ora che sei venuta,
che con passo di danza sei entrata
nella mia vita
quasi folata in una stanza chiusa
a festeggiarti, bene tanto atteso,
le parole mi mancano e la voce
e tacerti vicino già mi basta.

Il pigolìo così che assorda il bosco
al nascere dell’alba, ammutolisce
quando sull’orizzonte balza il sole.

Ma te la mia inquietudine cercava
quando ragazzo
nella notte d’estate mi facevo
alla finestra come soffocato:
che non sapevo, m’affannava il cuore.
E tutte tue sono le parole
che, come l’acqua all’orlo che trabocca,
alla bocca venivano da sole,
l’ore deserte, quando s’avanzavan
puerilmente le mie labbra d’uomo

da sé, per desiderio di baciare…

Niccolò Fabi, Attesa e inaspettata


2 commenti:

  1. Funambolo della parola! Si cammina fra un testo poetico e l'altro su un filo sottile:la parola.

    RispondiElimina
  2. Sara Fagioli26/02/23, 15:53

    Bellissimo!

    RispondiElimina

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