Ci pensavo ieri sera, mentre camminavo per le vie semideserte del centro della città in cui abito: passato il Natale, bisognerebbe togliere tutte le lucine che abbelliscono le case e le strade.
In questi giorni che non sono né rossi né neri, in queste ore sospese tra una festa e l'altra e che si percorrono come fa un acrobata sul filo sospeso a venti metri da terra tra cibo, parenti, rimpianti, chiacchiere e silenzi di cortesia, quelle luci un po' stonano.
Tralasciando i credenti - ma quelli veri, intendo, non quelli occasionali o quelli di convenienza o quelli che a Natale non si può non andare a messa - i credenti, dicevo, che nel Natale vedono il compimento di una promessa che ciclicamente (e contro ogni logica umana) si ripete ogni anno, quelle luci ci ricordano che l'attesa è finita.
E ora?
Le famiglie sparpagliate si sono riunite. E le domande scomode o le battute fuori luogo sono già arrivate.
La poesia imparata a scuola è stata recitata. Ricordo ancora l'imbarazzo che da bambino provavo nel mettermi in piedi sulla sedia a declamare versi che stillavano miele e buoni sentimenti da ogni sillaba.
I regali sono stati scartati. E già pensiamo a quanto potremo guadagnare rivendendo quell'orrendo paio di pantofole su Vinted.
Ai bambini ancora una volta è stato fatto credere che Babbo Natale ha ascoltato le loro richieste perché sono stati buoni.
Insomma, l'attesa è finita e tutto è compiuto.
È cambiato qualcosa? Probabilmente no.
Siamo più felici di prima? Probabilmente per qualche istante lo siamo stati.
Siamo pronti per metterci in attesa di qualcos'altro da attendere: l'inizio dell'anno nuovo.
E inevitabilmente mi tocca citare il buon Giacomo quando, nel Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere, scrive:
Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice.
In questi giorni tra un'attesa compiuta e una da compiere, tra una speranza che forse si è trasformata in illusione e una in cui vogliamo ancora credere, non riesco a non ripensare a questo loop in cui sono, in cui forse siamo tutti.
Le cose raramente vanno come speriamo.
Le grandi attese spesso sono seguite da delusioni ancora più grandi.
Le persone spesso si rivelano diverse da quelle che credevamo.
Eppure continuiamo a credere nel futuro, nell'ignoto, in ciò che sarà.
E ci crediamo proprio perché non lo vediamo.
E lo facciamo ostinatamente perché siamo consapevoli che il vero è brutto e che solo la facoltà immaginativa ci permette di vivere e di non lasciarci andare allo sconforto.
Vedrai vedrai, cantava Luigi Tenco, vedrai che cambierà. Forse non sarà domani ma un bel giorno cambierà.
Passato il Natale, bisognerebbe togliere tutte le lucine che abbelliscono le città. Oppure lasciarle tutti i giorni dell'anno per far sì che l'attesa e l'illusione non vengano mai meno.
Jeff Buckley, New year's prayer
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