20 luglio 2025

Nelle puntate precedenti

L'anno trascorso non è stato facile.
Ricco, ma per nulla agevole.
È stato una corsa affannosa in alcuni momenti; in altri una sosta indesiderata quando avrei solo avuto voglia di allontanarmi.
Ho camminato su strade note, ampie e accoglienti, ma ho anche visto un crepaccio sotto di me: ho dovuto allargare le braccia e, come un equilibrista, mettere un piede davanti all'altro concentrandomi con lo sguardo fisso in avanti per non cadere.
Non ho camminato solo: c'è stato chi, come una lampadina che sta per fulminarsi, dopo avermi fatto luce ad intermittenza per un po', si è spento definitivamente; chi ha saputo adattare il proprio passo al mio per godere insieme il panorama; chi ha fatto sgambetti per il gusto di vedermi a terra; chi ogni tanto mi ha spinto in avanti per farmi smettere di fissare particolari inutili o mi ha impedito di proseguire per costringermi a guardare ciò che non volevo vedere.
Ora è il momento di rifiatare un attimo, ritrovare l'equilibrio perso, consultare la mappa e provare a capire dove andare. Ma è anche il momento di riguardare indietro ad una delle esperienze più significative fatte negli ultimi mesi, ovvero la radio.
Costruire mondi con le parole è un po' il mio lavoro e un po' la mia utopia. 
Fare questa stessa cosa in radio, dove mancano fisicamente gli occhi di chi guarda, dove non hai da insegnare ma da raccontare, dove non hai da mettere voti ma da accompagnare, è una bella sfida, che ho raccolto con tutta l'incoscienza che mi caratterizza (e no, non è colpa del fatto che sono gemelli).

Il punto di partenza per le puntate di "Mita è un mito" è stata storia delle parole della moda (potete riascoltare la puntata cliccando qui) che ho provato a ricostruire parlando alla velocità di Milly Carlucci sotto acido - no, ma non avevo l'ansia, stavo semplicemente provando a replicare nella vita reale un vocale whatsapp ascoltato in 2x.
Marzullianamente, poi, ci siamo chiesti non se la vita è un sogno o se i sogni aiutano a vivere meglio (questo lo lasciamo fare all'unico uomo sulla terra che può indossare camicie con strisce orizzontali), ma se siamo noi a inseguire la moda o se è la moda a inseguire noi. Se non sapete rispondere e volete fare bella figura con gli amici con i quali sicuramente affronterete questo discorso, potete trovare le risposte a tutte le domande cliccando esattamente qui
Abbiamo quindi cercato di scandagliare ogni ambito della moda e del suo rapporto con il mondo circostante: ci siamo addentrati nei meandri della psicologia, chiedendoci se l'abito fa il monaco (troverete qui la risposta che cercate), se è possibile parlare di etica nella moda (spoiler: la risposta è sì anche se ci sono ancora tanti passi da fare e ascoltando la puntata capirete il perché) e se e in che modo esiste una connessione tra moda e linguaggio (una delle puntate che mi ha divertito di più e credo si sia sentito. Ve la siete persa? Potete pentirvi e recuperarla qui).

Grande spazio è stato dato al rapporto che la moda ha con il cinema: il nome Edith Head vi dice qualcosa? No? Allora, come se fossimo L'edìpeo enciclopedico - la pagina della "Settimana enigmistica" che vanta il maggior numero di tentativi per capire cosa si fosse fumato chi le ha dato questo nome - ve lo raccontiamo noi in questa puntata. Per non parlare di quando abbiamo parlato di film che parlano di moda o vi abbiamo trascinato nell'abisso dei b-movies italiani, districandoci tra l'Esorciccio, supplenti e dottoresse ammiccanti e i congiuntivi sbagliati del ragionier Fantozzi.
Ma avremmo poi potuto tralasciare la letteratura o l'arte? Pensate di poter vivere senza sapere qualcosa di più del tramezzino di D'Annunzio o dell'abito aragosta di Salvador Dalì? No, non ci credo.
E poi la musica: da Kurt Cobain a Orietta Berti, da Madonna a Jula de Palma, da Missy Elliot alle Figlie del Vento. Abbiamo sfiorato decenni di musica, indagando sul rapporto che la moda ha con il rock internazionale, con il pop internazionale, con la cultura hip-hop e lo streetstyle fino a toccare l'abisso del nazional popolare parlando di Sanremo, argomento sul quale non capisco come mai non mi sia ancora stata conferita una laurea della prestigiosa università "Pippo Baudo" di Militello.

Insomma, tante, tantissime parole che hanno richiesto un po' di studio e parecchia sfacciataggine.
Avrei ancora parole di ringraziamento per tutte quelle persone che mi hanno aiutato, ascoltato, sostenuto, consigliato, ma i grazie più belli sono quelli che si dicono guardandosi negli occhi.
Consideratevi, comunque, tutti ringraziati.
Ci risentiamo a settembre?

Eugenio Finardi, La radio

Nessun commento:

Posta un commento